Santa Croce in Gerusalemme e la Legenda Aurea
Lungo lo stradone che parte da San Giovanni in Laterano e giunge fino a Porta Maggiore, su antiche strutture romane sorge una basilica dentro la quale sono custodite alcune delle reliquie più sacre della cristianità.
La chiesa venne costruita sul luogo del Palatium Sessorianum (più semplicemente Sessorium) che si trovava al centro di una grande villa imperiale della prima metà del III secolo, iniziata da Settimio Severo e terminata da Elagabalo. Quando l’imperatore Costantino trasferì la capitale dell’impero a Costantinopoli, nel 324, la madre Flavia Giulia Elena scelse proprio il Sessorium come sua esclusiva residenza.
Per scoprire il perché del nome di questa chiesa, bisogna risalire al racconto del miracoloso ritrovamento della Vera Croce, narrato nella Legenda Aurea di Jacopo da Varagine (Varazze, 1228 – Genova, 1298), frate domenicano, arcivescovo di Genova e agiografo; quest’opera, nella quale storia e leggenda si mescolano, ebbe una rapida diffusione nel Medioevo, e nei secoli seguenti in tutta Europa, come nessun altro testo a parte la Bibbia. Esercitò inoltre grande influenza in ambito artistico nella rappresentazione delle vite dei santi. Stando a quanto raccontato nel testo, nel 312, nella notte che precedette la battaglia contro Massenzio, l’imperatore Costantino ebbe la mitica visione che pose poi fine alla guerra e alle persecuzioni dei cristiani: una croce luminosa con la scritta “In hoc signo vinces”. L’imperatore in seguito a questo sogno decise allora di utilizzare la croce come insegna nella battaglia decisiva di Ponte Milvio riuscendo a vincere. Elena, inviata da Costantino a Gerusalemme alla ricerca della Vera Croce di Gesù, rinvenne il luogo della crocifissione con le tre diverse croci utilizzate il giorno della morte di Cristo. Per identificare quella sulla quale era morto Gesù, Sant’Elena sfiorò con il legno un defunto e questi resuscitò. Allora separò la croce in diverse parti, di cui la principale venne lasciata a Gerusalemme, e tornò a Roma carica di reliquie e con la stiva della nave riempita con la terra scavata nei luoghi più santi di Gerusalemme. Per custodire degnamente le sacre reliquie, l’imperatrice adattò una parte del Palazzo Sessoriano a cappella facendo distendere sotto le lastre marmoree della costruzione, la terra portata fino a Roma.
La cappella divenne il nucleo dell’attuale basilica di S. Croce, per questo chiamata in origine “Basilica Eleniana” o “Sessoriana” (da sedeo, risiedere). Nell’VIII secolo venne restaurata sotto i papi Gregorio II e Adriano I. Nel XII secolo, con Lucio II, subisce una radicale trasformazione della struttura secondo lo stile romanico, a tre navate, con l’aggiunta di un campanile a torre e di un portico.
Durante i lavori di restauro effettuati sul finire del XV secolo, venne ritrovato, in una cassetta murata nell’arco absidale, il Titulus Crucis: la tavoletta lignea inscritta posta sulla Croce di Gesù.
Nel XVI secolo il mosaico della volta della cappella di Sant’Elena, del tempo di Valentiniano III, subì un mirabile rifacimento ad opera di Baldassarre Peruzzi: la decorazione su fondo dorato al centro mostra un rarissimo esempio di Cristo Sorridente in atto di benedire. Sull’altare è posta un’enorme statua di Sant’Elena ottenuta nel 1730 dalla trasformazione della statua di Giunone, ritrovata ad Ostia Antica, con l’aggiunta della croce e il rifacimento della testa e delle braccia.
L’aspetto attuale della basilica risale al Settecento. Gli architetti Pietro Passalacqua e Domenico Gregorini, modificarono l’interno e l’esterno, costruendo un atrio ellittico e sostituendo la facciata medievale con una barocca in travertino. L’interno è suddiviso in tre navate da 12 antiche e colossali colonne di granito, quattro delle quali furono inglobate all’interno di pilastri; nel semicatino dell’abside l’affresco attribuito ad Antoniazzo Romano che rievoca la leggenda del ritrovamento della Croce. Nei lavori di ristrutturazione il pavimento venne rialzato di alcuni metri, ma per rispetto della sacralità del luogo, non quello della cappella di Sant’Elena che oggi è raggiungibile scendendo parecchi scalini.
Le reliquie della Croce si trovano in una cappella appositamente costruita nel 1930 dall’architetto Florestano di Fausto a cui si accede tramite un corridoio che simboleggia un’ideale ascesa al calvario. Poste in preziosi reliquiari realizzati nel 1800, queste comprendono i frammenti della Croce con il Titulus Crucis ed uno dei chiodi utilizzati nella crocifissione, i frammenti della Grotta della Natività e del S. Sepolcro, la falange del dito di San Tommaso, il Patibolo del Buon Ladrone e due spine provenienti dalla Corona di Gesù.
Nelle vicinanze della basilica sono evidenti i resti dell’Anfiteatro Castrense che al tempo di Aureliano venne utilizzato come bastione difensivo della cinta muraria. A pianta quasi circolare e realizzato quasi completamente in laterizio, aveva due ordini di arcate tra pilastri e un terzo ordine costituito da un muro pieno nel quale si aprivano finestre nelle quali erano incastrati i pali di sostegno del velarium, come nel Colosseo.
Mauro Monti
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24 Marzo 2016