Papa Francesco:”Costruite ponti, non muri”. E poi:”Un ponte che possiamo realizzare qui e ora: stringerci la mano”
“Noi adesso non ci metteremo a gridare contro qualcuno, non ci metteremo a litigare, non vogliamo distruggere. Noi non vogliamo vincere l’odio con più odio, vincere la violenza con più violenza, vincere il terrore con più terrore. E la nostra risposta a questo mondo in guerra ha un nome: si chiama fraternità, si chiama fratellanza, si chiama comunione, si chiama famiglia”. Sono le parole di Papa Francesco durante la veglia di preghiera con i giovani al Campus Misericordiae durante la XXXI Giornata mondiale della gioventù di Cracovia.
Il pontefice rivolgendosi a migliaia di giovani ha detto.”Festeggiamo il fatto che veniamo da culture diverse e ci uniamo per pregare. La nostra migliore parola, il nostro miglior discorso sia unirci in preghiera”. E poi ha invitato tutti a fare un momento di silenzio.
“Abbiamo ascoltato tre testimonianze; abbiamo toccato, con i nostri cuori, le loro storie, le loro vite. Abbiamo visto come loro, al pari dei discepoli, hanno vissuto momenti simili, hanno passato momenti in cui sono stati pieni di paura, in cui sembrava che tutto crollasse” ha proseguito Papa Francesco: “La paura e l’angoscia che nascono dal sapere che uscendo di casa uno può non rivedere più i suoi cari, la paura di non sentirsi apprezzato e amato, la paura di non avere altre opportunità. Loro hanno condiviso con noi la stessa esperienza che fecero i discepoli, hanno sperimentato la paura che porta in un unico posto: alla chiusura”. E quando la paura si rintana nella chiusura, ha aggiunto il Papa va sempre in compagnia di sua “sorella gemella”, la paralisi. “Sentirci paralizzati. Sentire che in questo mondo, nelle nostre città, nelle nostre comunità, non c’è più spazio per crescere, per sognare, per creare, per guardare orizzonti, in definitiva per vivere, è uno dei mali peggiori che ci possono capitare nella vita – ha sottolineato Bergoglio – . La paralisi ci fa perdere il gusto di godere dell’incontro, dell’amicizia, il gusto di sognare insieme, di camminare con gli altri”.
Ma nella vita c’è un’altra paralisi ancora più pericolosa e spesso difficile da identificare, e che costa molto riconoscere. “Mi piace chiamarla la paralisi che nasce quando si confonde la felicità con un divano” ha detto Papa Francesco facendo riferimento alla “divano-felicità” che è, ha detto Papa Francesco “probabilmente la paralisi silenziosa che ci può rovinare di più; perché a poco a poco, senza rendercene conto, ci troviamo addormentati, ci troviamo imbambolati e intontiti mentre altri – forse i più vivi, ma non i più buoni – decidono il futuro per noi. Sicuramente, per molti è più facile e vantaggioso avere dei giovani imbambolati e intontiti che confondono la felicità con un divano; per molti questo risulta più conveniente che avere giovani svegli, desiderosi di rispondere al sogno di Dio e a tutte le aspirazioni del cuore”.
Ed ha concluso:”La vita di oggi ci dice che è molto facile fissare l’attenzione su quello che ci divide, su quello che ci separa. Vorrebbero farci credere che chiuderci è il miglior modo di proteggerci da ciò che ci fa male. Oggi noi adulti abbiamo bisogno di voi, per insegnarci a convivere nella diversità, nel dialogo, nel condividere la multiculturalità non come una minaccia ma come un’opportunità: abbiate il coraggio di insegnarci che è più facile costruire ponti che innalzare muri! E tutti insieme chiediamo che esigiate da noi di percorrere le strade della fraternità. Costruire ponti: sapete qual è il primo ponte da costruire? Un ponte che possiamo realizzare qui e ora: stringerci la mano, darci la mano. Forza, fatelo adesso, qui, questo ponte primordiale, e datevi la mano. E’ il grande ponte fraterno, e possano imparare a farlo i grandi di questo mondo!… ma non per la fotografia, bensì per continuare a costruire ponti sempre più grandi. Che questo ponte umano sia seme di tanti altri; sarà un’impronta”.
30 Luglio 2016