6 gennaio: Epifania del Signore
Isaia 60,1-6 La gloria del Signore brilla sopra di te.
Salmo 71 Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra.
Efesini 3,2-3a.5-6 Ora è stato rivelato che tutte le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità.
Canto al Vangelo (cfr. Mt 2,2) Abbiamo visto la tua stella in oriente e siamo venuti per adorare il Signore.
Matteo 2,1-12 Siamo venuti dall’oriente per adorare il re.
- Punto di riferimento del profeta: la gloria del Signore
- Gerusalemme stessa si riveste di luce
- i popoli si mettono in cammino
- tutti insieme si ritrovano, anche i bimbi piccoli e indifesi
- tutti cantano la lode di Dio
- Punto di riferimento di Erode: il potere
- Necessità di conservarlo
- diffidenza
- falsità
- Punto di riferimento del popolo: la paura
- acquiescenza al potere
- dimenticanza della Parola di Dio
- rifiuto delle novità
- Punto di riferimento dei Magi: la stella
- accettare l’insicurezza
- mettersi in ricerca
- ascoltare la Parola di Dio
- trovare l’atteso dei secoli
- Punto di riferimento del nostro mondo: un labirinto di simboli
- il consumismo dei valori
- la variabilità delle mode
- la persona divisa
- Troveremo in Cristo un nuovo punto di orientamento? Nella sua umanità, un nuovo modo di essere uomini e donne nel nostro mondo?
Muoversi verso lo splendore di Dio
Oltre le nebbie
“Nebbia fitta avvolge le nazioni”: la voce del profeta non si limita a denunciare il buio e l’oscurità, ma squarcia la cortina di fumo, si innalza sulla cappa oscura per invitare a contemplare la gloria di Dio: “su di te risplende il Signore” (Is 60,2). Nel resto del brano, lo splendore della gloria diviene il punto di riferimento di ogni realtà: Gerusalemme stessa è invitata a rivestirsi di quella luce. I popoli si mettono in cammino. Perfino le bimbe più piccole sono portate in braccio. Ogni ricchezza passa al servizio di Dio.
La Gerusalemme di Erode
Molto diversa è la Gerusalemme di Erode, quale ci viene presentata dal brano evangelico. Una città che ha smarrito la capacità di guardare a questa luce, di lasciarsi ispirare dalla parola divina, che pure ha ricevuto, che pure conosce, che pure, a richiesta, sa consultare correttamente.
Il potere di Erode
L’atteggiamento di Gerusalemme è simbiotico a quello del re che la abita. Erode è preoccupato unicamente di conservare il suo potere: attorno a lui si determina unicamente paura e sospetto. Non è un caso se a un re ossessionato unicamente del potere corrisponde un popolo pervaso dalla paura. In tal modo però questo popolo non è più il popolo che cammina verso la gloria di Dio, Gerusalemme non può essere la città che “si riveste di luce” (Is 60,1).
L’intrusione dei Magi
I Magi che arrivano da lontano determinano uno sconvolgimento profondo: il loro cammino li conduce al posto giusto, ma non trovano quell’entusiasmo che dovrebbero riscontrare; né Erode né Gerusalemme sono pronti a recepire l’annuncio grandioso di cui sono portatori: è nato il re di Giudei.
I Magi accettano di orientarsi seguendo la stella, muovendosi fisicamente, impegnando le loro energie e anche le loro ricchezze. Erode invece non vuole smuoversi; gli Scribi consultano le Scritture e interrogano la loro memoria, ma neppure essi si lasciano integralmente coinvolgere dalla profezia.
Il riferimento ritrovato
Attorno al bambino si ritrova il punto di riferimento essenziale. I Magi possono finalmente prostrarsi per adorarlo. La loro ricerca ha trovato finalmente un senso. La loro vita ha ritrovato la gioia. Anche le loro ricchezze trovano un destinatario; non per pagare qualcosa, ma per offrire un dono gratuito. A partire dall’incontro con il bambino, acquisiscono anche il discernimento per riconoscere l’inganno di Erode e sottrarvisi.
Noi oggi: disorientati
Il brano evangelico ci mostra dunque un percorso di orientamento: solo i Magi però in definitiva trovano il giusto punto di riferimento. Il tema è di grande attualità. Molto spesso ci troviamo dissociati, disorientati. Quante volte ci succede: si è in un luogo, e nello stesso tempo si è altrove. Si è dedicati a una attività; ma il pensiero è da tutt’altra parte. Non è soltanto per colpa della separazione-contrapposizione tra anima e corpo, ereditata dal pensiero greco e talvolta malamente riproposta e intesa nella pastorale cristiana. Anche l’uomo moderno, che nelle intenzioni vorrebbe vivere un’esistenza unificata, che presume di aver superato le antiche scissioni, di fatto si ritrova diviso: si diventa persone con tante interfacce, tanti modi di presentarsi: non di rado, si trasformano in maschere e finzioni.
Dissociazione tecnologica
La tecnologia sembra venire in aiuto: in realtà però si limita a fare dissennatamente da supporto, diventando il moltiplicatore del problema. Se un tempo ci si poteva dissociare tra lavoro e famiglia, scuola e gruppo di amici, immagine pubblica e realtà intima, ora è anche tecnicamente possibile essere al lavoro, comunicare con il partner, stare in contatto con gli amici, fare acquisti online… Chi sembra dedicarsi alla cura del proprio corpo, va a correre con la cuffia alle orecchie; al bisogno potrà ricevere telefonate e comunicare con il posto di lavoro. Diventiamo come il computer: “multitasking”. Il prezzo da pagare per vivere molte esistenze contemporanee, alcune delle quali contraddittorie, è il vivere fuori dal corpo, de-localizzati: solo la mente si interfaccia e comunica. Anzi: per alcuni, essere connessi è più importante che comunicare.
Adorare il Verbo fatto carne
Dietro lo strapotere tecnologico (a cui non a caso corrispondono, in altre parti del mondo, guerra, povertà, privazione) stanno le stesse tensioni negative che troviamo in Erode e in Gerusalemme: da un lato la sete di potere (sempre più raffinata nelle sue modalità di attuazione, sempre più presentabile nelle sue modalità di apparizione); dall’altro la paura e l’acquiescenza (sempre più mascherata sotto forma di ricerca dei giusti diritti, sempre più costringente nei suoi meccanismi di realizzazione).
Serve coraggio per uscire dalla pista tracciata, dalla gabbia predefinita, per mettersi a cercare un nuovo punto di riferimento in Cristo. Attorno a lui è possibile riordinare la vita. Attorno a lui è possibile una reale comunione. Cercando lui, si scopre che non è necessario lasciarsi sopraffare dalle paure e dalle convenzioni.
Ritrovare unità
Il Verbo si è fatto carne: la volontà del Padre di comunicare, potremmo dire, si è resa presente nella storia nella sua forma più piena e potente. La carne di Cristo è già in sé stessa contatto e comunicazione e comunione con Dio. Nella sua carne il Verbo comincia ad amare ed essere amato. Ma anche noi con lui riscopriamo l’unità profonda della nostra persona, accettiamo la fragilità costitutiva del nostro corpo, i limiti che prima o poi caratterizzano la nostra esistenza terrena. Nelle celebrazioni eucaristiche del Tempo di Natale, è data la possibilità della comunione al Corpo e al Sangue di Cristo, colui che per noi è nato nel corpo, nel suo corpo è stato crocifisso, donandosi a noi, e nel suo corpo è risorto. Dall’esperienza dell’azione liturgica siamo invitati a recuperare in tutta la vita l’unità nella nostra persona, tra il pensiero e l’azione, tra identità e relazione.
Ritrovare comunione
Adorando il bambino, indifeso, bisognoso, siamo infine chiamati ad abbassare la guardia, le barriere, la paura nei confronti dell’altro. Così come il bambino accetta di consegnarsi fin dall’inizio della vita, anche a noi è data la possibilità di consegnarci con fiducia nelle mani dei fratelli, riscoprendo la comunione e l’aiuto reciproco. Non è un fatto che possa avvenire immediatamente: ma immediatamente siamo chiamati a indirizzarci alla ricerca della comunione in Cristo, così come i Magi si lasciarono guidare per lungo tempo dalla stella e dalla promessa loro donata.
6 Gennaio 2017