Don Mussie Zerai, candidato al premio Nobel per la pace
Colpito dalla figura di Giovanni Battista Scalabrini e dal suo impegno per i migranti, entra come seminarista nella Congregazione Scalabriniana. Ordinato sacerdote nel 2010, oggi è coordinatore europeo dei cappellani eritrei.
In Italia da 23 anni è “pendolare” con la Svizzera dal 2011, da quando è parroco a Friburgo, dove è Responsabile per la Pastorale dei Cattolici eritrei.
Nel 2006 ha fondato la ONG Habeshia, per l’integrazione degli immigrati provenienti dal Corno d’Africa e il sostegno a progetti di rientro nel paese di origine.
È stato tra i primi, a partire dalla tarda estate del 2010, a segnalare la tratta degli schiavi nel Sinai. Una piaga tuttora aperta: centinaia di giovani catturati nel deserto, verso il confine di Israele, da bande di predoni beduini collegate a organizzazioni criminali internazionali, che pretendono per ogni prigioniero riscatti di 40-50 mila dollari, consegnando chi non riesce a pagare al mercato degli organi per i trapianti clandestini.
In Libia tutti hanno il suo cellulare. Il suo numero è scritto sulle pareti delle carceri del paese. I migranti eritrei lo chiamano col satellitare, specialmente quando la loro barca è in difficoltà. Lui comunica alle autorità le coordinate per organizzare il soccorso. Secondo la Guardia Costiera italiana le telefonate di Zerai hanno permesso di salvare almeno diecimila vite.
È stato più volte sentito dall’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati; nel giugno 2012 ha avuto un’audizione ufficiale con l’allora segretario di stato americano Hillary Clinton a Washington; è stato convocato dalle commissioni affari interni e per i diritti dell’uomo dell’Unione Europea alle quali ha consegnato nel 2012 un rapporto sulle terribili condizioni dei centri di detenzione in Libia; nel 2013 e nel 2014 ha avuto tre incontri a Bruxelles sulla situazione in Libia e nel Mediterraneo e un confronto sul traffico di esseri umani con il commissario Ue Cecilia Malmstron. Un anno fa ha affrontato questo stesso problema in Vaticano, nel corso di un colloquio con Luis de Baca, del Dipartimento di Stato americano. I suoi dossier sono diventati in diversi casi la base per inchieste della magistratura internazionale o dei singoli paesi ed è stato più volte contattato come esperto da vari parlamentari europei.
Candidato al Premio Nobel per la Pace 2015 da Kristian Berg Harpiken, direttore dell’Istituto di ricerca internazionale di pace di Oslo.
7 Luglio 2015