Papa Francesco sulla Grecia: “Mi auguro strada sorveglianza per non ricadere in altre crisi”
Papa Francesco durante il volo di rientro dall’America Latina ha risposto alle domande dei giornalisti. Tra queste il pontefice ha affrontato anche la questione della crisi greca.
“Prima di tutto, perché questo intervento mio nel convegno dei movimenti popolari: è il secondo. Il primo è stato fatto in Vaticano, nell’aula vecchia del Sinodo, c’erano circa 120 persone. E’ una cosa che organizza Giustizia e Pace. Io sono vicino a questo, perché è un fenomeno in tutto il mondo, in tutto il mondo. Anche in Oriente, nelle Filippine, in India, in Tailandia. Sono movimenti che si organizzano fra loro non solo per fare una protesta, ma per andare avanti e poter vivere. E sono movimenti che hanno forza, e questa gente, che sono tanti e tanti, non si sente rappresentata dai sindacati, perché dicono che i sindacati adesso sono una corporazione, non lottano – adesso sto semplificando un po’ – ma l’idea di tanta gente questa gente è che non lottano per i diritti dei più poveri”.
“E la Chiesa non può essere indifferente. La Chiesa ha una Dottrina sociale e dialoga con questo movimento, e dialoga bene. Voi avete visto: avete visto l’entusiasmo di sentire che la Chiesa non è lontana da noi, la Chiesa ha una dottrina che ci aiuta a lottare per questo. E’ un dialogo. Non è che la Chiesa fa una opzione per la strada anarchica. No, non sono anarchici: questi lavorano, cercano di fare tanti lavori anche con gli scarti, le cose che avanzano; sono lavoratori davvero. Questo è il primo, l’importanza di questo. Poi, sulla Grecia e il sistema internazionale: io ho una grande allergia all’economia, perché papà era ragioniere e quando non finiva il lavoro in fabbrica lo portava a casa, il sabato e la domenica, con quei libri, di quei tempi, dove i titoli si facevano in gotico … e lavorava, e io vedevo papà …e ho un’allergia. Io non capisco bene com’è la cosa, ma certamente sarebbe semplice dire: la colpa è soltanto di questa parte. I governanti greci che hanno portato avanti questa situazione di debito internazionale, hanno anche una responsabilità. Col nuovo governo greco si è andati verso una revisione un po’ giusta. Io mi auguro – è l’unica cosa che posso dirti, perché non so bene … che trovino una strada per risolvere il problema greco e anche una strada di sorveglianza per non ricadere in altri Paesi nello stesso problema, e che questo ci aiuti ad andare avanti, perché quella strada del prestito e dei debiti alla fine non finisce mai. Mi hanno detto un anno fa più o meno, ma non so se … questa è una cosa che ho sentito, che c’era un progetto nelle Nazioni Unite (se qualcuno di voi sa questo sarebbe bene che lo spiegasse), c’era un progetto per il quale un Paese può dichiararsi in bancarotta, che non è lo stesso che il default, ma è un progetto che ho sentito e che non so come è andata, se era vero o no. Lo dico per illustrare come una cosa che ho sentito, ma se un’impresa può fare una dichiarazione di bancarotta, perché un Paese non può farla e così si va all’aiuto degli altri? Questi erano i fondamenti di questi progetto, ma di questo non posso dire niente di più. Poi, per quanto riguarda le nuove colonizzazioni: evidentemente vanno tutte sui valori. La colonizzazione del consumismo. L’abito del consumismo è stato un progresso di colonizzazione. Perché l’abitudine: ti porta a un’abitudine che non è la tua e anche ti squilibra la personalità. Il consumismo squilibra anche l’economia interna e la giustizia sociale e pure la salute fisica e mentale, tanto per dare un esempio”.
Fonte: Radio Vaticana
13 Luglio 2015