S. Maria in Aracoeli - Mauro Monti

Sulla vetta più alta del Campidoglio sorge una chiesa la cui origine è avvolta nella leggenda; al suo interno è custodita una delle icone più venerate dal popolo romano: il Santo Bambino e ogni 6 gennaio con quella piccola statua intagliata nel legno del Getsemani, viene benedetta la città.

In origine era chiamata S. Maria in Capitolio ed occupava lo spazio dell’attuale transetto e solo nel XIII secolo nei documenti comparì il nome Aracoeli anche se il motivo di tale denominazione è legato a fatti, narrati nei Mirabilia, avvenuti 1300 anni prima. Ed eccoli: i senatori romani, contemplando l’incomparabile bellezza di Ottaviano, gli dissero: “Noi vogliamo adorarti perché in te vive un dio”. Ma lui turbato di questo, interpellò la Sibilla di Tivoli che dopo tre giorni vaticinò: “Ecco i segni del giudizio. Presto la terra sarà madida di sudore, dal cielo verrà il Re dei secoli”. In quel momento il cielo fu squarciato da un bagliore accecante ed egli vide in alto sopra un altare, la Vergine con Gesù Bambino in braccio. Una voce gridò: “Questa è la Vergine che accoglierà nel suo grembo il Redentore del mondo. E un’altra voce disse: Questo è l’altare del figlio di Dio”. Allora Ottaviano eresse sul posto un altare dedicato al figlio di Dio primogenito e nei secoli seguenti, per indicare la chiesa di S. Maria, costruita sul luogo di quell’altare, si aggiungeva «ubi est ara filii Dei» poi trasformato in Aracoeli. Altri indicano come origine del nome, la corruzione del termine Arx (il nome di quella vetta del Campidoglio) in Arce, poi Arceli e dunque Aracoeli.

Fino al 1250 appartenne ai monaci Benedettini, ma da quell’anno Innocenzo IV (1243-1254) la concesse ai francescani che tuttora la officiano.

La lunga scalinata a ripiani che porta su in vetta fu costruita nel 1348 come ringraziamento alla Vergine per aver salvato la città dalla peste. Venne costruita con materiali di spoglio e fu inaugurata da Cola di Rienzo che ancora oggi è lì, nel giardino sulla destra, in basso, a memoria dei tempi in cui da Tribuno della plebe cercò invano di rinverdire i fasti imperiali della città. Fino alla fine dell’Ottocento erano diffuse diverse tradizioni: era miracoloso salire i gradini in ginocchio per donne in cerca di marito o desiderose di figli ma anche per chi voleva vincere al Lotto; raccomandandosi ai Re Magi e recitando preghiere, i numeri si ricavavano interpretando tutto quello che si vedeva e si sentiva durante l’ascesa.

Nel medioevo fu il centro della vita politica oltre che spirituale della città tanto da essere chiamata chiesa del Senato: al suo interno, infatti, si riunivano i senatori di Roma e lì vollero essere sepolti i personaggi più illustri del tempo. All’interno, tutto il pavimento è disseminato di lastre tombali, alcune molto consumate, ma la prima la incontriamo proprio sulla porta d’ingresso: è quella di Flavio Biondo (1392-1463), umanista e primo archeologo della storia.

Nel 1571 si svolse qui il trionfo di Marcantonio Colonna in seguito alla vittoria di Lepanto, in ricordo della quale fu costruito il soffitto ligneo dorato con gli stemmi di Pio V, Gregorio XIII e del Senato.

Al centro della semplice facciata di mattoni nel 1412 venne installato il primo orologio pubblico di Roma la cui manutenzione era garantita da un’apposita categoria di moderatores horologii nominati dal papa. Nel 1806 fu spostato poco più in là, sulla Torre del Palazzo Senatorio, dove continua dopo 600 anni a segnare il tempo di Roma.

S. Maria in Aracoeli - Mauro MontiPrima di entrare diamo un’occhiata al bel panorama, pensando anche a quello che è andato distrutto, dopo il 1870, in seguito ai lavori di demolizione per la costruzione dell’ingombrante struttura del Vittoriano: un intero quartiere medioevale, l’antica sagrestia e la Torre di Paolo III. Delle strutture preesistenti è rimasta solo la Loggia di Paolo III alla quale si accede dalla scala che sale dalla piazza del Campidoglio. Sulla sinistra si sale verso l’ingresso laterale della chiesa, situato alla base del campanile romanico di cui rimangono due piani, e caratterizzato da un portale decorato con un mosaico attribuito al Cavallini.

Il vasto interno è diviso in tre navate da una doppia fila di colonne di spoglio, tutte diverse l’una dall’altra, alcune più lunghe e incassate nel pavimento, altre più corte e allungate con basi e capitelli anch’essi diversi. Provengono tutte dalla precedente chiesa benedettina e prima ancora da edifici romani. La terza colonna di sinistra ha un’iscrizione: «A cubiculo Augustorum», essa proviene dalla stanza da letto dell’imperatore ed è attraversata da un foro obliquo, a ricordo della tradizione secondo la quale Augusto ebbe l’apparizione della Vergine col Bambino nella sua camera da letto. Sulla quarta colonna di sinistra un affresco di scuola viterbese raffigura la Madonna del Rifugio; l’altare fu fatto costruire in occasione del giubileo del 1600 per incorniciare e proteggere la venerata immagine. Sulla V colonna sinistra resta l’affresco tardomedievale con San Luca Evangelista.

S. Maria in Aracoeli - Mauro MontiNella prima cappella a destra, affrescata dal Pinturicchio intorno al 1486, è raffigurato il racconto della vita e dei miracoli di San Bernardino da Siena, la cui canonizzazione ebbe inizio il 24 maggio del 1450 proprio dall’Aracoeli, con una solenne processione verso la basilica di San Pietro. Un particolare: sulla parete sinistra la prospettiva è inclinata verso destra per offrire una visione più corretta a chi osserva la scena dal di fuori della cappella.

La cappella situata nei pressi dell’entrata laterale, nella navata destra, ha restituito, in occasione dei lavori di restauro compiuti nel 2000, un affresco della fine del Duecento: una Madonna col Bambino tra i santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista. Insieme ad altre figure recuperate, richiamano le pitture della Basilica Superiore di Assisi, e riaccendono la discussione sui legami tra la scuola romana e fiorentina e, in particolare, tra i due maestri del tempo: Cavallini e Giotto. Chi è stato il maestro di chi?

Sul grande altare barocco è situata un’icona della Vergine molto venerata dai romani. Si hanno sue notizie sin dall’ottavo secolo ma, perduto l’originale, fu sostituita da una copia nella metà del X secolo. L’originale, proveniente da Gerusalemme, era custodito nel santuario di Chalcoprateia e arrivato dalla capitale bizantina a Roma nel V secolo. Maria guarda l’osservatore leggermente voltata verso destra, la sua mano destra è alzata mentre la sinistra è appoggiata al petto ad indicare che intercede per tutti coloro che si rivolgono a Lei. Si attribuisce a questa immagine dell’Aracoeli, come abbiamo detto, la cessazione della peste a Roma nel 1348 e il 30 maggio 1948 le fu consacrata la città di Roma.

Nel transetto di sinistra è la Cappella di Sant’Elena, eretta nel 1605 e ricostruita nel 1833: un tempietto esagonale sormontato da una cupola sorretta da otto piccole colonne e chiuso da una balaustra, racchiude l’altare formato da un’urna di porfido che custodisce le reliquie di San’Elena e di altri santi. Sotto l’urna, più in basso rispetto al pavimento della chiesa, è visibile attraverso un vetro, un altare cosmatesco del Duecento posto sul luogo della leggendaria ara consacrata da Augusto.

S. Maria in Aracoeli - Mauro MontiNei pressi è l’entrata alla cappella del Santo Bambino: si tratta di una delle icone più sacre di Roma, ritenuta miracolosa e in grado di guarire i malati più gravi. Quella che osserviamo, purtroppo, è una copia dell’originale rapito nel 1994 e finora non ritrovato. La statua originale, alta sessanta centimetri fu scolpita nel legno d’olivo dell’orto del Getsemani alla fine del Quattrocento da un francescano che, per timore di rovinarla con una colorazione imprecisa, una sera, prima di addormentarsi, pregò il Bambino di ispirarlo; al risveglio trovò la statua prodigiosamente dipinta. Si racconta che le sue labbra diventassero rosse quando stava per essere concessa una grazia e pallide quando non c’era più speranza. Nell’Ottocento veniva portato ai malati in una sontuosa carrozza e ancora oggi continua a ricevere lettere dai bambini di tutto il mondo. In passato era già stato rapito due volte ma aveva sempre fatto ritorno.

E allora concludiamo la nostra visita con una preghiera al Santo Bambino, perché non importa se quello che abbiamo di fronte sia una copia, l’importante è che il nostro cuore sia aperto a Colui che anche questo Natale si è fatto bambino per noi.

Mauro Monti

 

Preghiera a Gesù Bambino dell’Aracoeli

Amabilissimo nostro Signore Gesù Cristo, che fatto per noi Bambino, voleste nascere in una grotta per liberarci dalle tenebre del peccato, per attirarci a Voi, ed accenderci del vostro santo amore, vi adoriamo per nostro Creatore e Redentore; vi riconosciamo e vogliamo per nostro Re e Signore, e per tributo vi offriamo tutti gli affetti del nostro povero cuore.

Caro Gesù, Signore e Dio nostro degnatevi di accettare quest’offerta, e affinché sia degna del vostro gradimento, perdonateci le nostre colpe, illuminateci, infiammateci di quel fuoco santo, che siete venuto a portare nel mondo per accenderlo, nei nostri cuori.

Divenga per tal modo l’anima nostra un sacrifizio perpetuo in vostro onore; fate che essa cerchi sempre la vostra maggior gloria qui in terra, affinché venga un giorno a godere delle vostre infinite bellezze in Cielo. Così sia.

preghiera Santo Bambino

 

 

Continua il viaggio con il Pellegrino, qui tutti gli altri itinerari: www.tv2000.it/diariodiunpellegrino

5 Gennaio 2016

  • Montecitorio Selfie
  •