Sant’Andrea delle Fratte e la Madonna del Miracolo
Questa chiesa, plasmata in maniera unica dal genio del Borromini e arricchita da due angeli del Bernini, è stata definita da Benedetto XV la «Lourdes romana» perché il 20 gennaio di 174 anni fa, proprio qui, apparve la Vergine.
Incontriamo la chiesa di S. Andrea delle Fratte risalendo via della Mercede da piazza San Silvestro, sulla destra ma, prima di entrare, proseguiamo su via Capo le Case, che la fiancheggia, in modo da superarla. Alzate gli occhi e la piccola porzione di cielo che si aprirà su questa stretta strada, sarà tutta occupata dalla movimentata struttura del tiburio e dallo splendido campanile realizzati dal Borromini. Dalla sommità di via Capo le Case potreste osservare, inoltre, un curioso fenomeno: quando suonano le campane, il campanile oscilla, tanto da essere soprannominato dai romani “ballerino”. È questa una delle più stravaganti e fantastiche creazioni del genio borrominiano con i piani architettonici e decorativi che si sovrappongono in un crescendo brillante e originale. Accanto sorge un altro frutto dell’inesauribile fantasia dell’artista: la cupola, che esternamente si presenta non con la consueta forma circolare, ma con quella di una torre dalle pareti ondulate. E’ questo uno dei punti più caratteristici e ammirati del barocco romano.
La chiesa è molto antica, ma non si conosce con precisione la sua data di fondazione. Nei documenti del XII secolo è nominata S. Andrea de Hortis per la sua posizione ai piedi del Pincio, allora chiamato il colle degli orti. E il nome che ancora conserva, con tutta probabilità, deriva proprio dal fatto che questa zona, in quel tempo, era totalmente disabitata ed ingombra di sterpi e siepi.
Nel medioevo appartenne agli scozzesi; nel 1584 Gregorio XIII (1572 – 1585) eresse la chiesa a parrocchia e nel 1585 Sisto V (1585 – 1590) la donò ai P.P. Minimi di S. Francesco di Paola. Leone XI, nel 1605, ordinò la ricostruzione totale della chiesa in più ampie proporzioni, ma l’improvvisa morte gli impedì di attuare il grandioso progetto, che successivamente fu in massima parte compiuto dal marchese Ottavio del Bufalo.
Internamente è a croce latina ad una sola navata con volte a botte e fiancheggiata da quattro coppie di cappelle ad arco. Pilastri con capitelli ionici dorati sostengono la trabeazione che cinge tutto l’interno, dominato dalla bellissima tribuna e dalla superba cupola che si eleva altissima e leggera, donando all’ambiente una luminosità ed una spaziosità sorprendenti. Il transetto costruito dal Borromini risulta molto stretto a causa della limitazione dello spazio, compreso tra la strada e il chiostro del convento, che all’epoca della ricostruzione era già esistente. L’affresco della calotta, raffigurante la gloria celeste, ne aumenta l’ariosità con un bel gioco prospettico. L’autore è P. Marini che ha firmato anche la moltiplicazione dei pani nel catino dell’abside.
Nel tamburo sono presenti tre grandissimi quadri: quello centrale di Lazzaro Baldi raffigura S. Andrea sulla croce; i due laterali rappresentano altri episodi del martirio dell’Apostolo e furono eseguiti da Giov. Battista Leonardi e da Francesco Trevisani.
A prezioso ornamento della crociera, possiamo ammirare gli angeli marmorei scolpiti da Gian Lorenzo Bernini per decorare Ponte S. Angelo: l’Angelo col cartiglio a destra e L’Angelo con la corona di spine a sinistra. La bellezza di tali opere spinse il Papa, Clemente IX (1667 – 1669), a scegliere di custodirli in un luogo che li riparasse dalle intemperie. Nel 1729 il nipote del grande architetto e scultore, Prospero Bernini, li donò alla chiesa.
Da una porta presente sul fianco destro, si accede al chiostro rettangolare formato da 32 arcate e 28 colonne doriche di travertino oltre le quattro angolari; i porticati fin dai primi anni del XVII secolo furono decorati ad affresco con alcuni fatti della vita e i miracoli più famosi di S. Francesco di Paola.
Ma il gioiello più prezioso di questa chiesa è la terza cappella a sinistra, dedicata nel 1842 alla Madonna del Miracolo in seguito alla prodigiosa apparizione dell’Immacolata all’ebreo Alfonso Ratisbonne e restaurata in quell’occasione da Don Marino Torlonia.
Nel 1950 a cura dell’Ordine dei Minimi e con le offerte dei fedeli, la cappella fu completamente rinnovata su disegno dell’architetto Marcello Piacentini e arricchita di marmi pregiati. La bella immagine sopra l’altare, dipinta da Natale Carta (1800-1880), raffigura la Vergine così come apparve al giovane ebreo convertitosi alla Fede cattolica e richiama l’immagine riprodotta sulla Medaglia Miracolosa che lui portava per scherno. Sui pilastri sono presenti due lapidi marmoree con iscrizioni in latino e in francese che ricordano il prodigio. Sull’arco esterno, l’iscrizione in italiano: «Qui apparve la Madonna del Miracolo – 20 gennaio 1842».
Per tutti quelli che non conoscono la storia, questo è quello che avvenne:
Alfonso Ratisbonne, ventisettenne ebreo di Alsazia era giunto in Italia durante un viaggio verso l’oriente nel gennaio del 1842. Non avrebbe dovuto soggiornare a Roma ma qualcosa lo spinse qui ed entrò in contatto con alcuni amici e connazionali; tra questi, il barone Teodoro de Bussière che cercò di coinvolgerlo in conversazioni sulla religione e la fede cattolica, ottenendo però dal Ratisbonne un netto rifiuto. Aveva solo accettato, dietro a insistenze e con divertito interesse verso quello che a lui sembrava un oggetto di superstizione, la Medaglia Miracolosa. Il 20 gennaio, sul mezzogiorno, accompagnato dal de Bussière passò dalla chiesa di S. Andrea delle Fratte; entrò solo per curiosità artistica, ma mentre osservava i preparativi per un funerale, si sentì spinto da una forza sovrumana verso questa cappella e vide sull’altare apparirgli l’Immacolata nell’atto di invitarlo a inginocchiarsi, con un’espressione piena di misericordia. Convertitosi all’istante, chiese e ottenne il battesimo che gli fu amministrato il 31 dello stesso mese dal cardinale Vicario Costantino Patrizi, lo stesso che a meno di tre mesi dall’avvenimento, dopo un accurato processo, decretò (3 giugno 1842) la verità del miracolo.
È un’apparizione silenziosa questa, l’Immacolata non lascia nessun messaggio, ma compie un gesto eloquente: Alfonso vede il dito indice della Madonna che gli indica di inginocchiarsi. La sconvolgente testimonianza di Ratisbonne termina con una frase che, per tutta la vita, amò ripetere: “Elle ne m’a rien dit, mais j’ai tout compris” (“Lei non mi ha detto nulla, ma ho capito tutto”).
In seguito all’apparizione, si fece sacerdote nell’ordine dei Gesuiti e poi si unì al fratello Thèdore (convertitosi al Cristianesimo e ordinato sacerdote nel 1830, lo stesso anno delle apparizioni a Santa Caterina Labourè) che aveva fondato la congregazione di Notre Dame de Sion, ancora esistente, per la conversione degli ebrei al Vangelo. Morirà in Terra Santa, ad Ain Karin, sul luogo che la tradizione indica come quello della Visitazione di Maria a Elisabetta.
Benedetto XV chiamò questo santuario la «Lourdes romana» e il tempio fu insignito del titolo di basilica da Pio XII (1939 – 1958) il quale lo arricchì dell’indulgenza plenaria da lucrarsi nella festa del 20 gennaio. San Giovanni XXIII (1958 – 1963) la elevò a titolo cardinalizio con bolla del 12 marzo 1960. Il 17 gennaio 1892 avvenne la solenne incoronazione dell’immagine fatta dal Capitolo Vaticano. Tra i santi che venerarono la Madonna del Miracolo possiamo ricordare S. Giovanni Bosco, S. Teresa del Bambino Gesù, S. Luigi Guanella, Don Orione e San Massimiliano Kolbe. Proprio quest’ultimo, fondatore della Milizia dell’Immacolata e martire nel campo di concentramento di Auschwitz, celebrò qui, sull’altare di questa cappella, la sua prima Messa.
Mauro Monti
Supplica alla Madonna del Miracolo:
O Vergine Santissima del Miracolo, Madre e Regina di misericordia, prostrati dinanzi alla tua immagine, noi ci affidiamo totalmente alla tua amorosa e potente tutela. Conserva viva e pura in noi quella luce che il tuo Figlio divino fece risplendere sopra la terra; quella luce che è la sorgente della vita morale, la luce della fede. Tu, che ti degnasti miracolosamente apparire, per illuminare con questa luce di fede lo spirito dell’ebreo Ratisbonne, rinnova questo prodigio per tanti infelici nostri fratelli che vivono nella miscredenza o nell’indifferenza. Illuminaci, o Maria, coi tuoi splendori; che ci rendano credibili i giudizi divini e ci facciano vivere costantemente da figli della luce. Ave Maria
O Santa Madre di Dio, le tue mani benedette, che versarono tanta copia di grazie nell’animo fortunato dell’ebreo, sono pure il tramite prezioso per il quale si diffonde su di noi la grazia, che ridesta nei nostri cuori, inariditi dalla colpa, la speranza della visione divina. A te, dunque, noi ricorriamo in tutte le necessità: da te ci aspettiamo di ottenere dal Signore il perdono di tutte le nostre colpe, l ‘aiuto necessario a sorreggere le nostre debolezze, per non ritornare più sulle vie del peccato. Per tua intercessione, o Madre divina, si mutò il cuore indurito del Ratisbonne; rinnova anche il nostro, e fà che non abbia altri palpiti, che per la virtù, altre aspirazioni che per il cielo! Ave Maria
O Madre di amore e Regina amabilissima, fosti tu che ottenesti i raggi della grazia alla mente del Ratisbonne, ed accendesti nel suo animo smarrito nella colpa, la fiamma di quell’amore celeste, che tanto lo elevò e lo nobilitò: tu pure purifica e infiamma di amore celeste i nostri cuori. Sì, o Maria, l’amore tuo e del tuo Figlio splenda sempre nei nostri costumi, suoni sulle nostre labbra, e ci renda degni del tuo sguardo e del tuo sorriso materno. Questo amore, o Benedetta, ci affratelli tutti in Gesù Cristo, unifichi le nostre menti e i nostri cuori, ci renda tutti fecondamente operosi per l’eterna salvezza, ci conduca a godere con te le gioie del Paradiso. Ave Maria
Preghiera di S.Bernardo: Ricordati, o pietosissima Vergine Maria, che non si è mai inteso al mondo, che alcuno ricorrendo alla tua protezione, implorando il tuo aiuto e chiedendo il tuo patrocinio, sia rimasto abbandonato. Animato da una tale confidenza, a te ricorro, o Madre, Vergine delle vergini, a te vengo e con le lacrime agli occhi, reo di mille peccati, mi prostro ai tuoi piedi a domandare pietà. Non volere, o Madre del Verbo, disprezzare le mie voci, ma benigna ascoltami ed esaudiscimi. Amen.
Continua il viaggio con il Pellegrino, qui tutti gli altri itinerari: www.tv2000.it/diariodiunpellegrino
18 Gennaio 2016