San Pietro in Vincoli, il miracolo delle catene e il Mosè di Michelangelo
L’origine di S. Pietro in Vincoli è molto più remota di quanto si possa credere. L’appellativo di Basilica Eudossiana, infatti, lascia credere che fosse stata fondata da Eudossia Licinia (422 – 470) sposa dell’imperatore romano d’Occidente Valentiniano III nel V secolo, mentre l’imperatrice riedificò una chiesa già esistente per custodirvi la catena con cui San Pietro venne imprigionato in Palestina, da lei donata al papa S. Leone Magno.
Qualcuno crede che lo stesso San Pietro avesse eretto in quel luogo un oratorio per adunare i primi fedeli, poi distrutto nell’incendio del 64 d.C. e ricostruito dai cristiani.
Dopo la riedificazione dell’imperatrice Eudossia, Papa Pelagio I nel VI secolo la fece ristrutturare deponendo le reliquie dei sette fratelli Maccabei, martiri nel II secolo in Antiochia.
Si succedettero nei secoli i restauri di Adriano I, di Sisto IV che fece costruire il grandioso portico sostenuto da quattro pilastri, attribuito a Baccio Pontelli, e di Giulio II, del quale all’interno si conserva il grandioso monumento funebre. Nel XVIII secolo l’architetto Francesco Fontana aggiunse la pesante volta lignea e sotto Clemente XI (1700 – 1721) venne realizzata la cancellata tuttora presente.
L’interno è vasto e imponente e conserva seppure in parte l’aspetto antico; quello che colpisce subito è il bellissimo colonnato che divide la basilica in tre navate: è costituito da venti colonne doriche scanalate provenienti da un edificio romano, forse la Prefettura urbana.
In fondo, dietro l’arco trionfale, sorretto da due colonne corinzie di granito, è posta la tribuna affrescata da Giacomo Coppi, manierista del tardo Cinquecento, con fatti della vita di S. Pietro.
Nel transetto destro è presente il Mausoleo di Giulio II, che rispetto all’opera colossale voluta dal papa e al progetto iniziale di Michelangelo, subì un grande ridimensionamento, sostenuto anche da Leone X. Ma quel Mosè è un capolavoro indiscusso dell’arte mondiale e attira l’attenzione di centinaia e centinaia di turisti e pellegrini che ogni giorno, stupiti, si fermano ad ammirarlo.
Sotto l’altare maggiore, sovrastato dal baldacchino sostenuto da quattro colonne di granito rosso, la Confessione costruita dall’architetto Vespignani, sul cui altare, in una nicchia chiusa da due portelle di bronzo, è custodita l’urna con le catene.
Questo è il racconto della liberazione di San Pietro così come presente negli Atti degli Apostoli:
(At 12, 5-7)
Pietro dunque era tenuto in prigione, mentre una preghiera saliva incessantemente a Dio dalla Chiesa per lui. E in quella notte, quando poi Erode stava per farlo comparire davanti al popolo, Pietro piantonato da due soldati e legato con due catene stava dormendo, mentre davanti alla porta le sentinelle custodivano il carcere. Ed ecco gli si presentò un angelo del Signore e una luce sfolgorò nella cella. Egli toccò il fianco di Pietro, lo destò e disse: «Alzati, in fretta!». E le catene gli caddero dalle mani.
Le catene che tennero prigioniero Pietro furono, secondo la tradizione, conservate dai cristiani di Gerusalemme e dopo secoli donate, dal Patriarca della città, Giovenale, all’imperatrice d’Oriente Elia Eudocia, pellegrina in Terra Santa. La figlia, Licinia Eudossia, sposa dell’imperatore d’Occidente Valentiniano III, ricevute le catene dalla madre, le donò a San Leone Magno; il Papa le accostò a quelle utilizzate per la prigionia di San Pietro nel Carcere Mamertino e appena si toccarono, si unirono per diventarne una sola. In memoria del miracolo, nel 442 d.C., iniziarono i lavori per la costruzione della Basilica detta, per questo, di San Pietro in Vincoli.
Questa unione fisica e tangibile delle due catene unisce spiritualmente Oriente e Occidente, sotto il segno, per ora, soltanto della sofferenza e della persecuzione; e rivengono allora in mente le parole dette da Papa Francesco nei vari incontri avuti con i rappresentanti delle altre Chiese cristiane, su quello che lui ha definito “Ecumenismo del sangue”:
Come nella Chiesa antica il sangue dei martiri divenne seme di nuovi cristiani, così ai nostri giorni il sangue di molti cristiani è diventato seme dell’unità. L’ecumenismo della sofferenza, l’ecumenismo e del martirio, l’ecumenismo del sangue è un potente richiamo a camminare lungo la strada della riconciliazione tra le Chiese, con decisione e fiducioso abbandono all’azione dello Spirito. (Discorso di Papa Francesco a Karekin II, Patriarca supremo e Catholicos di tutti gli armeni, 8 maggio 2014)
Quando cristiani di diverse confessioni si trovano a soffrire insieme, gli uni accanto agli altri, e a prestarsi gli uni gli altri aiuto con carità fraterna, si realizza un ecumenismo della sofferenza, si realizza l’ecumenismo del sangue, che possiede una particolare efficacia non solo per i contesti in cui esso ha luogo, ma, in virtù della comunione dei santi, anche per tutta la Chiesa. Quelli che per odio alla fede uccidono, perseguitano i cristiani, non domandano loro se sono ortodossi o se sono cattolici: sono cristiani. Il sangue cristiano è lo stesso. (Celebrazione ecumenica in occasione del 50° anniversario dell’incontro a Gerusalemme tra Paolo VI e il Patriarca Atenagora, Basilica del Santo Sepolcro, 25 maggio 2014)
Per i persecutori, noi non siamo divisi, non siamo luterani, ortodossi, evangelici, cattolici… No! Siamo uno! Per i persecutori siamo cristiani! Non interessa altro. Questo è l’Ecumenismo del sangue che oggi si vive. (Discorso di Papa Francesco ai membri della “Catholic fraternity of charismatic covenant communities and fellowships”, 31 ottobre 2014)
Non possiamo cedere allo sconforto e alla rassegnazione, ma continuare a confidare in Dio che pone nei cuori dei cristiani semi di amore e di unità, per affrontare con slancio rinnovato le sfide ecumeniche di oggi: per coltivare l’ecumenismo spirituale, per valorizzare l’ecumenismo del sangue, per camminare insieme nella via del Vangelo. (Lettera di Papa Francesco ai partecipanti all’assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani in occasione del 50° anniversario del decreto “Unitatis Redintegratio”, 20 novembre 2014)
Le sofferenze patite dai cristiani portano un contributo inestimabile alla causa dell’unità. E’ l’ecumenismo del sangue, che richiede fiducioso abbandono all’azione dello Spirito Santo. (Lettera di Papa Francesco ai cristiani del Medio Oriente, 21 dicembre 2014)
Mauro Monti
Continua il viaggio con il Pellegrino, qui tutti gli altri itinerari: www.tv2000.it/diariodiunpellegrino
12 Febbraio 2016