Il Purgatorio è liberarsi dalle scorie che la vita ci ha messo addosso, non è il non sbagliare più, ma imparare ad amare.  Dante dà qualche avvertenza nel primo canto: chiarisce l’accettazione del viaggio, come volontà di togliersi di dosso il nero dell’inferno.  Il male che deturpa la fisionomia deve essere lavato via, con un gesto che è evocazione del battesimo: il giunco, simbolo dell’umiltà, e la rugiada, che annuncia il mattino, che purifica come acqua viva.  Dante utilizza una lingua diversa all’Inferno, al Purgatorio e al Paradiso, perché più ti avvicini alla verità più diventi capace di comunicare, e la lingua diventa sempre più significativa. Il grande tema della cantica che Dante introduce è quello del perdono, se sia possibile essere perdonati. Misericordia, perdono e amore sono sinonimi. Essere perdonati è il grande problema della vita perché coincide con l’essere amati. Si è stati messi al mondo per amore, gratuitamente. Diventando grandi ci si chiede perché un amico, una donna, ti consegnino la vita. La scoperta di cosa sia l’amore vero è alla fine del percorso. Dante mette a guardia del Purgatorio un pagano e suicida. Il tema posto è la libertà, la capacità che l’uomo ha di cercare la libertà e di seguirla, perché libertà non è fare quello che ci pare, ma aderire alla nostra vera identità.

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29 Marzo 2016

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