Il cimitero della Parrocchietta, la Spoon River romana
Dove sono Elmer, Herman, Bert, Tom e Charley,
l’abulico, l’atletico, il buffone, l’ubriacone, il rissoso?
Tutti, tutti, dormono sulla collina.
Così inizia l’Antologia di Spoon River, la famosa raccolta di poesie che Edgar Lee Masters pubblicò tra il 1914 e il 1915 sul Reedy’s Mirror di St. Louis. Ognuna di esse, scritte in forma di epitaffio e ispirate a personaggi veramente esistiti nella zona di Springfield nell’Illinois, racconta la vita delle persone sepolte nel cimitero di un piccolo villaggio: Spoon River.
A Roma, nei pressi della chiesa di Santa Maria del Carmine e San Giuseppe al Casaletto, la famosa “Parrocchietta”, resa celebre da Alberto Sordi col suo primo personaggio radiofonico e con il film del 1951 “Mamma mia, che impressione!”, esiste qualcosa di molto simile.
Sotto il grande viadotto della Portuense, infatti, un vecchio cimitero racconta la vita e la morte di uomini e donne dell’Ottocento. Come nelle pagine della Spoon River di Edgar Lee Masters, su queste lapidi è possibile leggere la storia delle persone lì sepolte, per scoprire ancora oggi quello che erano, il loro lavoro e i loro affetti.
Il cimitero fu qui costruito in seguito all’epidemia di colera del 1855 e passata l’emergenza sanitaria, fu aperto alle sepolture dei morti della comunità della Magliana, persone semplici ma testimoni anche di grandi eventi storici come la Grande Guerra. Nel 1931 il camposanto viene acquistato dal Comune di Roma e dal 1992, dopo la sopraelevazione della Via Portuense, e la realizzazione di viale Isacco Newton, è diventato periferia della periferia: nascosto agli sguardi e frequentato sempre più di rado.
La maggior parte delle lapidi non versano in buonissime condizioni, ma il cimitero è pulito e non mancano, vicino alle sepolture più recenti, anche fiori freschi. Approfittando della possibilità di fare un’opera di misericordia spirituale, possiamo camminare nei vialetti per leggere quello che nei cimiteri di oggi non vediamo più: il racconto della vita. Siamo infatti abituati a leggere date e poco altro, magari qualche verso, ma qui leggiamo in poche parole quello che questi uomini e donne del XIX secolo erano.
E così troviamo il maestro della Parrocchietta che “con affettuose cure, per tre lustri illuminò le vergini menti, educandole ad amare Dio, famiglia e Patria”; il soldato romano “colpito da piombo austriaco sulle vette del Trentino”; lo sposo e padre affettuoso, amante del lavoro e della famiglia; l’uomo laborioso e onesto morto per infortunio sul lavoro; la madre affettuosa e donna esemplare; e ancora la donna “cristiana, delizia dei suoi, esempio di virtù a chi la conobbe”; o il padre che non riuscì a rivedere il figliuolo “combattente contro l’odiato nemico”.
Dove sono Francesco, Domenico, Cesare, Adelaide e Teresa,
l’insegnante, il soldato, la moglie esemplare, il contadino, la madre affettuosa?
Tutti, tutti, dormono sotto il cavalcavia, a due passi da un McDonald’s.
Mauro Monti
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23 Agosto 2016