Tv2000 lancia il documentario ‘Classe ’99’ con protagonisti i giovani che andranno per la prima volta al voto il prossimo anno. In onda sabato 16 dicembre alle ore 18.50 e a mezzanotte
“Il mio messaggio in grande coscienza è che le cose possano migliorare e in altrettanta coscienza che bisogna farle insieme agli altri. Il gioco di squadra è indispensabile per costruire qualcosa”. Lo dice Romano Prodi nel documentario di Tv2000 ‘Classe ‘99’, in onda sabato 16 dicembre 2017 alle ore 18.50 e a mezzanotte, riferendosi ai giovani diciottenni che il prossimo anno voteranno per la prima volta.
“Io a 18 anni – ricorda Prodi – mangiavo pane e bicicletta. E poi tanta politica e l’estate dedicata alla lettura. Il mio primo voto non me lo ricordo. Eravamo nel periodo della guerra fredda e il voto veniva diviso a seconda delle appartenenze, quindi la scelta del partito era abbastanza facile. Poi si giocava sulle preferenze: lì c’erano le grandi battaglie amico-nemico, simpatico-antipatico”.
La storica classe del ’99 era quella dei coscritti del 1899, che compivano 18 anni nel 1917 e parteciparono alla prima guerra mondiale. Cento anni dopo, qual è la trincea dei diciottenni, i ragazzi della Generazione Z ? Nel 2018 voteranno per la prima volta, ma con che attese, quali responsabilità e quali paure? Molte le confessioni, i ricordi, e le opinioni di tanti ragazzi di ieri e di oggi, nel programma di Pierluigi Vito per la regia di Luca Marconato.
Tra gli intervistati anche personaggi del mondo della politica, del giornalismo e dello spettacolo: Enrico Mentana, Enzo Bianchi (Fondatore della Comunità monastica di Bose), Neri Marcorè, Irene Pivetti.
Enrico Mentana racconta che appena maggiorenne non aveva il sogno di fare il giornalista. Il direttore del TgLa7 nutriva “più ambiziosamente il sogno di cambiare la società, che come per quasi tutti i miei coetanei era andare verso un mondo più giusto. Molti di noi sono diventati giornalisti perché, non riuscendo a cambiare il mondo, in questo modo lo si poteva raccontare”.
“Quando dico che ho smesso di votare da tanti anni – prosegue Mentana – tutti si stupiscono e poi comunque reagiscono ognuno a suo modo. Io non voto da tanti anni per due motivi: il primo è perché da quando sono diventato direttore di giornale ho sempre pensato che si dovesse davvero essere obiettivi, indipendenti ed equidistanti. E – questa forse non è la sede migliore per dirlo – scherzando la paragono [questa scelta, ndr] a quella dell’astinenza sessuale dei religiosi, che non per questo poi non guardano o non hanno le loro idee e i loro sogni, però devono essere capaci di essere fedeli alle scelte fatte, anche perché così si capisce molto meglio il contesto”.
In merito alle elezioni il Fondatore della Comunità monastica di Bose, Enzo Bianchi, sottolinea la differenza tra la sua generazione e i diciottenni di oggi: “Noi eravamo coscienti che dare il voto significava davvero decidere e avevamo la consapevolezza che allora il voto decideva. Oggi tra i giovani la consapevolezza è che forse il voto non decide molto e non vale la pena di votare”.
Mentre nell’Italia dei 18 anni di Irene Pivetti “un ragazzo aveva una straordinaria opportunità di fare politica, c’erano tutte le sezioni dei partiti che allora esistevano. C’erano la Democrazia Cristiana, il Partito comunista e c’era quello che poi divenne Alleanza Nazionale. Avevano veramente il vivaio della partecipazione politica. E poi c’era tutto un mondo un po’ trasversale che era quello cattolico”. Per Neri Marcorè la politica “è sempre stata legata a un concetto di speranza. La speranza che potesse dare un senso di responsabilità a chi la faceva e la fa, e portasse alla semplificazione della vita quotidiana”.
14 Dicembre 2017