Sabato 21 aprile ore 20.45, domenica 22 ore 12.50 e alle 20.30 – Questa settimana a Soul il teologo islamico Adnane Mokrani  e il grandissimo psicanalista e intellettuale Luigi Zoja.

Adnane Mokrani

Un’inclinazione per le materie scientifiche che ha lasciato il posto allo studio della teologia. Adnane Mokrani è un teologo musulmano esperto di teologia cristiana, professore presso la Pontificia Università Gregoriana a Roma dove insegna Studi Islamici e Relazioni Cristiano-Musulmane. Presidente del Cipax – Centro Interconfessionale per la Pace, è uno dei firmatari, di 138 saggi musulmani, della lettera aperta “Una parola comune tra noi e voi” indirizzata dalle personalità dell’Islam ai “capi delle Chiese cristiane di tutto il mondo”, ed è fortemente convinto del valore del dialogo interreligioso come stile di vita e non diplomazia, come strumento di umanizzazione e santificazione. Perché l’incontro con un’altra religione è un’occasione per vedere le questioni della vita da un’ottica diversa. In un’epoca in cui l’incontro con l’altro intimorisce e la minaccia di una dominazione proveniente dall’Oriente crea sgomento, il prof. Mokrani  insegna che il dialogo è possibile con tutti, e che è considerato un errore pensare al Corano come idolo o a un libro di legge, e che è sicuramente “più aperto di certi musulmani”, come Mokrani afferma.

Ma perché un musulmano avrebbe dovuto interessarsi la teologia cristiana? “Perché avevo studiato teologia islamica nelle università islamiche in Algeria, Costantina e poi a Tunisi. Poi un giorno sono andato a salutare il nuovo vescovo di Tunisi, Fouad Twal, poi diventato il nuovo patriarca di Gerusalemme, e lui mi ha proposto questa bella opportunità di studio che mi ha cambiato la vita.”

Il dialogo l’ha imparato in casa, Adnane, poiché sua mamma e sua zia avevano insegnato in scuole cattoliche ad Algeri. E’ difficile dialogare con tutti,  ma dalle persone più chiuse impariamo la pazienza, e  offriamo una possibilità di conversione. Conversione a Dio, all’umano, perché credo molto nella spiritualità dell’incontro umano. Forse chi non ha avuto la possibilità di aprirsi, per tanti motivi, è diventato rigido, perciò il dialogo può offrire una possibilità di cambiamento”.

Il dialogo e l’incontro, sono veicolo di pace fra le diverse culture. Un paradosso è stato l’incompreso discorso di Papa Benedetto XVI a Ratisbona, un momento di tensione e scontro aspro, anche pericoloso, che tuttavia ha aperto un dialogo inimmaginabile: “Papa Benedetto ha toccato un punto essenziale: che l’esperienza religiosa autentica è un’esperienza pacifica, la violenza è un problema che può trasformare la religione in una ideologia, un’arma di potere, di lotta, di esclusione. E proprio dopo questo discorso si è aperto un tavolo di dialogo con  “Una parola comune tra noi e voi” che ha messo insieme musulmani da tutto il mondo”.

Il Corano è uno scritto che va interpretato o idolatrato? “Normalmente il Corano è interpretato dai centri di studi islamici, le università nel mondo, ma adesso c’è necessità di un’apertura più ampia. E anche di una collaborazione interreligiosa, mi interessa molto il dialogo metodologico tra studi biblici e studi coranici. Ci sono grandi associazioni che lavorano in questo campo dove sapienti, professori, musulmani e non musulmani, lavorano insieme in progetti di ricerca. C’è un’apertura verso un lavoro più universale sul Corano e ci sono tanti musulmani che lavorano in questi progetti”.

 

Luigi Zoja

Immaginario, inconscio. Elementi che fanno parte della nostra quotidianità eppure inafferrabili. Nell’inconscio risiedono i valori universalmente riconosciuti da una comunità, da cui si generano le figure come i miti, i simboli. Questi i capisaldi degli studi di Luigi Zoja, psicanalista, Presidente del CIPA (Centro Italiano di Psicologia Analitica) fino al 1993, e fino al 2001 presidente della IAAP (International Association for Analytical Psychology), l’Associazione che raggruppa gli analisti junghiani nel mondo. Perché il prof. Zoja è uno dei massimi esponenti e divulgatori della teoria di Jung,: psicanalisi come ricerca di senso, non solo come terapia clinica, e per questo Zoja studia e ragiona sui temi più attuali della contemporaneità: dalla scomparsa del padre all’esclusione del sacro, dalle violenze come frutto della perdita del limite alla soggezione a nuove dipendenze. Il suo ultimo libro, Nella mente di un terrorista, riflette sul radicalismo islamista, su quanto succede nell’inconscio di un jiahadista, di come la rivoluzione digitale favorisca il fondamentalismo, allontanando le generazioni, il prossimo. La morte di Dio è stata la morte del prossimo. Se in passato l’uomo percorreva un “viaggio” come metafora di autodeterminazione, oggi gli antichi miti non sono più in grado di rispondere alla ricerca e alle domande esistenziali degli individui, Dio è diventato un accidente per pochi, ma non è più domanda esistenziale e guida del comportamento morale…

Qual è il compito della psicanalisi oggi? “Il suo compito oggi è aiutare a guardarci dentro. E quindi ad assumerci, dove possibile, le responsabilità personali. E questo può riguardare la correzione di certi problemi, disfunzioni sia dell’individuo, sia della dimensione privata con la famiglia, sia nella società. Per non cercare sempre e soltanto dei capri espiatori da accusare, e sensibilizzare anche rispetto alla politica, al bene comune. Non penso che possa essere divisa la teoria individuale da quella collettiva”.

Le problematiche della società odierna si esplicano oggi attraverso l’incapacità di fare il padre. “In un giorno mi sono accorto che i pazienti che avevo avuto erano tutte persone con figli unici. No solo, ma soprattutto il padre ha fatto spesso più da compagno o fratello maggiore invece del padre. I padri hanno commesso ogni tipo di abusi in passato, ma al tempo stesso erano figure che davano il senso del limite. Quindi colpisce che l’eliminazione della figura del padre tradizionale e la perdita del senso del limite siano andate insieme”.

“La perdita di identità maschile è più forte di quella femminile e si scatena contro gli altri come violenza , mentre l’identità femminile è più legata a funzioni  che non cambiano nei secoli. Il ruolo del padre è creato dalla cultura e dalla civilizzazione. Ci vuole più pazienza e soprattutto bisogna insegnarlo”.

Ettore, figura del padre per eccellenza, ma anche guerriero, è per il prof. Zoja il modello, l’archetipo perfetto del padre, tuttora attuale. “Non è solo capace di battere i pugni sul petto, ma sa assumersi la responsabilità verso il futuro, ma anche verso il figlio. Non esprime solo l’impazienza maschile del guerriero, ma l’attenzione, il calcolo sul futuro del figlio. Non è il padre castrante e antagonista del figlio. Non è neanche il padre troppo fragile, è quello capace di muoversi tra il guerriero e l’uomo: quando torna a casa,è  capace di togliersi l’elmo”.

 

19 Aprile 2018

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