L’UNITA’ SI FA CAMMINANDO
Mons. Ambrogio Spreafico e Padre Ionut Coman 23/01/2018
Nella settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani abbiamo incontrato due persone impegnate tutti i giorni nel dialogo ecumenico: Mons. Ambrogio Spreafico, Vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino e Presidente della Commissione Episcopale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso e Padre Ionut Coman Consigliere del Dipartimento per il Dialogo Interortodosso, interconfessionale e interreligioso della Diocesi Ortodossa Rumena in Italia e parroco della chiesa ortodossa rumena“Ascensione del Signore” di Firenze e provincia. Siamo partiti ascoltando quello che il Papa ha detto, un mese fa incontrando la Curia romana, a proposito di come sia irreversibile il cammino di unità e poi ancora le parole dette in occasione della celebrazione dei vespri che chiusero la settimana di preghiera dello scorso anno. In chiusura abbiamo ascoltato il discorso che il Papa ha rivolto, pochi giorni fa ai popoli dell’Amazzonia, a proposito della ricchezza dell’incontro tra culture diverse.
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L’UNITÀ SI FA CAMMINANDO
l’unità dei cristiani che «è un’esigenza essenziale della nostra fede, un’esigenza che sgorga dall’intimo del nostro essere credenti in Gesù Cristo»[24]. Si tratta sì di un “cammino” ma, come più volte è stato ripetuto anche dai miei Predecessori, è un cammino irreversibile e non in retromarcia. “L’unità si fa camminando, per ricordare che quando camminiamo insieme, cioè ci incontriamo come fratelli, preghiamo insieme, collaboriamo insieme nell’annuncio del Vangelo e nel servizio agli ultimi siamo già uniti. Tutte le divergenze teologiche ed ecclesiologiche che ancora dividono i cristiani saranno superate soltanto lungo questa via, senza che noi oggi sappiamo come e quando, ma ciò avverrà secondo quello che lo Spirito Santo vorrà suggerire per il bene della Chiesa»[25].
IMPARARE GLI UNI DAGLI ALTRI
Possiamo oggi chiederci: come proclamare questo vangelo di riconciliazione dopo secoli di divisioni?…
Per la Chiesa, per ogni confessione cristiana è un invito a non basarsi sui programmi, sui calcoli e sui vantaggi, a non affidarsi alle opportunità e alle mode del momento, ma a cercare la via guardando sempre alla croce del Signore: sta lì il nostro programma di vita. È un invito anche ad uscire da ogni isolamento, a superare la tentazione dell’autoreferenzialità, che impedisce di cogliere ciò che lo Spirito Santo opera al di fuori dei propri spazi. Un’autentica riconciliazione tra i cristiani potrà realizzarsi quando sapremo riconoscere i doni gli uni degli altri e saremo capaci, con umiltà e docilità, di imparare gli uni dagli altri – imparare gli uni dagli altri -, senza attendere che siano gli altri a imparare prima da noi…
UNITI MA NON UNIFORMI
Cari fratelli dell’Amazzonia, quanti missionari e missionarie si sono impegnati con i vostri popoli e hanno difeso le vostre culture! Lo hanno fatto ispirati dal Vangelo. Anche Cristo si è incarnato in una cultura, quella ebrea, e a partire da quella, si è donato a noi come novità per tutti i popoli in modo che ciascuno, a partire dalla propria identità, si senta autoaffermato in Lui. Non soccombete ai tentativi che ci sono di sradicare la fede cattolica dei vostri popoli.[5] Ogni cultura e ogni visione del cosmo che accoglie il Vangelo arricchisce la Chiesa con la visione di una nuova sfaccettatura del volto di Cristo. La Chiesa non è aliena dalla vostra problematica e dalla vostra vita, non vuole essere estranea al vostro modo di vivere e di organizzarvi. Abbiamo bisogno che i popoli originari plasmino culturalmente le Chiese locali amazzoniche.
23 Gennaio 2018