“La vera religione…”
In studio con Gennaro Ferrara, Michele Zanzucchi, giornalista e autore di “Safiullah e Shahrzad. Musulmani misericordiosi” (L’Arcobaleno Editore). Il volume è arricchito dalla prefazione di Yassine Lafram presidente UCOII e dalla postfazione di Mons. Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna.
PUNTATA INTEGRALE
LA VERA MISERICORDIA
Il samaritano si comporta con vera misericordia: fascia le ferite di quell’uomo, lo trasporta in un albergo, se ne prende cura personalmente e provvede alla sua assistenza. Tutto questo ci insegna che la compassione, l’amore, non è un sentimento vago, ma significa prendersi cura dell’altro fino a pagare di persona. Significa compromettersi compiendo tutti i passi necessari per “avvicinarsi” all’altro fino a immedesimarsi con lui: «amerai il tuo prossimo come te stesso». Ecco il Comandamento del Signore.
Conclusa la parabola, Gesù ribalta la domanda del dottore della Legge e gli chiede: «Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?» (v. 36). La risposta è finalmente inequivocabile: «Chi ha avuto compassione di lui» (v. 27). All’inizio della parabola per il sacerdote e il levita il prossimo era il moribondo; al termine il prossimo è il samaritano che si è fatto vicino. Gesù ribalta la prospettiva: non stare a classificare gli altri per vedere chi è prossimo e chi no. Tu puoi diventare prossimo di chiunque incontri nel bisogno, e lo sarai se nel tuo cuore hai compassione, cioè se hai quella capacità di patire con l’altro.
Questa parabola è uno stupendo regalo per tutti noi, e anche un impegno! A ciascuno di noi Gesù ripete ciò che disse al dottore della Legge: «Va’ e anche tu fa’ così» (v. 37). Siamo tutti chiamati a percorrere lo stesso cammino del buon samaritano, che è figura di Cristo: Gesù si è chinato su di noi, si è fatto nostro servo, e così ci ha salvati, perché anche noi possiamo amarci come Lui ci ha amato, allo stesso modo.
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APRIRSI AGLI ALTRI RENDE PIÙ UMANI
La fraternità e la condivisione che desideriamo accrescere non saranno apprezzate da chi vuole rimarcare divisioni, rinfocolare tensioni e trarre guadagni da contrapposizioni e contrasti; sono però invocate e attese da chi desidera il bene comune, e soprattutto gradite a Dio, Compassionevole e Misericordioso, che vuole i figli e le figlie dell’unica famiglia umana tra loro più uniti e sempre in dialogo. Un grande poeta, figlio di questa terra, ha scritto: «Se sei umano, mescolati agli umani, perché gli uomini stanno bene tra di loro» (NIZAMI GANJAVI, Il libro di Alessandro, I, Sul proprio stato e il passare del tempo). Aprirsi agli altri non impoverisce, ma arricchisce, perché aiuta a essere più umani: a riconoscersi parte attiva di un insieme più grande e a interpretare la vita come un dono per gli altri; a vedere come traguardo non i propri interessi, ma il bene dell’umanità; ad agire senza idealismi e senza interventismi, senza operare dannose interferenze e azioni forzate, bensì sempre nel rispetto delle dinamiche storiche, delle culture e delle tradizioni religiose.
LA PACE DI GESÙ
L’omelia della Messa a Casa Santa Marta questa mattina è una riflessione che Francesco svolge sul dono promesso da Gesù prima di congedarsi dai suoi discepoli: la pace. Quella che non viene dal mondo ma dallo Spirito Santo è profonda, rimane durante le prove anzi ci dà il coraggio di andare avanti facendo anche sorridere il nostro cuore
Come possono conciliarsi le “tribolazioni” e le persecuzioni che subisce San Paolo, narrate nella pagina degli Atti degli Apostoli di oggi, con la pace che Gesù lascia ai suoi discepoli nelle parole di addio dell’ultima cena: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace”, che sono riportate stamani dal Vangelo di Giovanni?
Prende spunto proprio da questo interrogativo l’omelia di Francesco a Casa Santa Marta. “La vita di persecuzioni e tribolazioni sembra essere una vita senza pace” e invece è l’ultima delle Beatitudini, ricorda il Pontefice: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia”:
La pace di Gesù va con questa vita di persecuzione, di tribolazione. Una pace che è molto sotto, molto sotto, molto profonda a tutte queste cose. Una pace che nessuno può togliere, una pace che è un dono, come il mare che nel profondo è tranquillo e nella superficie ci sono le ondate. Vivere in pace con Gesù è avere questa esperienza dentro, che rimane durante tutte le prove, tutte le difficoltà, tutte le “tribolazioni”.
21 Maggio 2019