“La Chiesa vive di dialogo”
Ospiti di Gennaro Ferrara: Padre Sebastiano D’Ambra, missionario del Centro Pime, vincitore “Premio Don Andrea Santoro”, fondatore di Silsilah, movimento per il dialogo islamo-cristiano, e fra Fra Emiliano Antenucci, cappuccino, nominato da Papa Francesco missionario della Misericordia a tempo indeterminato n occasione dell’Anno Santo straordinario della Misericordia, inventore del corso «silenzio, parla il Silenzio» E’ autore di numerosi volumi, tra cui la trilogia: “Non sparlare degli altri”, “Chi calunnia uccide” e “L’invidia veleno mortale” (Effatà Editrice)
PUNTATA INTEGRALE
Papa Francesco, Udienza Giubilare: “La differenza tra dialogo e aggressione”
Molte volte noi non incontriamo i fratelli, pur vivendo loro accanto, soprattutto quando facciamo prevalere la nostra posizione su quella dell’altro. Non dialoghiamo quando non ascoltiamo abbastanza oppure tendiamo a interrompere l’altro per dimostrare di avere ragione. Ma quante volte, quante volte stiamo ascoltando una persona, la fermiamo e diciamo: “No! No! Non è così!“ e non lasciamo che la persona finisca di spiegare quello che vuole dire. E questo impedisce il dialogo: questa è aggressione. Il vero dialogo, invece, necessita di momenti di silenzio, in cui cogliere il dono straordinario della presenza di Dio nel fratello.
Papa Francesco, Udienza Giubilare: “La Chiesa vive di dialogo”
Di dialogo vive anche la Chiesa con gli uomini e le donne di ogni tempo, per comprendere le necessità che sono nel cuore di ogni persona e per contribuire alla realizzazione del bene comune. Pensiamo al grande dono del creato e alla responsabilità che tutti abbiamo di salvaguardare la nostra casa comune: il dialogo su un tema così centrale è un’esigenza ineludibile. Pensiamo al dialogo tra le religioni, per scoprire la verità profonda della loro missione in mezzo agli uomini, e per contribuire alla costruzione della pace e di una rete di rispetto e di fraternità (cfr Enc. Laudato si’, 201).
Papa Francesco, “L’apertura del cuore”
È un segno particolarmente confortante dei nostri tempi che i credenti e le persone di buona volontà si sentano sempre più chiamati a cooperare alla formazione di una cultura dell’incontro, del dialogo e della collaborazione al servizio della famiglia umana. Ciò richiede più che una mera tolleranza. Ci stimola a tendere la mano all’altro in atteggiamento di reciproca fiducia e comprensione, per costruire un’unità che comprenda la diversità non come minaccia, ma come potenziale fonte di arricchimento e crescita. Ci esorta a coltivare una apertura del cuore, in modo da vedere gli altri come una via, non come un ostacolo.
24 Ottobre 2019