“Non lasciamo sole le persone malate”
«La Chiesa vuole esser sempre più e sempre meglio la “locanda” del Buon Samaritano che è Cristo, cioè la casa dove potete trovare la sua grazia che si esprime nella familiarità, nell’accoglienza, nel sollievo». Papa Francesco nel suo messaggio in occasione della XXVIII Giornata mondiale del malato.
Ospite Gennaro Ferrara, Don Carlo Abbate, assistente spirituale Hospice Villa Speranza di Roma.
PUNTATA INTEGRALE
Papa Francesco, La realtà della morte
Oggi vorrei mettere a confronto la speranza cristiana con la realtà della morte, una realtà che la nostra civiltà moderna tende sempre più a cancellare. Così, quando la morte arriva, per chi ci sta vicino o per noi stessi, ci troviamo impreparati, privi anche di un “alfabeto” adatto per abbozzare parole di senso intorno al suo mistero, che comunque rimane. Eppure i primi segni di civilizzazione umana sono transitati proprio attraverso questo enigma. Potremmo dire che l’uomo è nato con il culto dei morti.
L’aneddoto di Papa Francesco sulla morte
Papa Francesco, Non lasciamo sole le persone malate
Non possiamo nascondere che, soprattutto ai nostri giorni, proprio nella malattia si fa esperienza più profonda della solitudine che attraversa gran parte della vita. Una visita può far sentire la persona malata meno sola e un po’ di compagnia è un’ottima medicina! Un sorriso, una carezza, una stretta di mano sono gesti semplici, ma tanto importanti per chi sente di essere abbandonato a se stesso. Quante persone si dedicano a visitare gli ammalati negli ospedali o nelle loro case! È un’opera di volontariato impagabile. Quando viene fatta nel nome del Signore, allora diventa anche espressione eloquente ed efficace di misericordia. Non lasciamo sole le persone malate! Non impediamo loro di trovare sollievo, e a noi di essere arricchiti per la vicinanza a chi soffre. Gli ospedali sono vere “cattedrali del dolore”, dove però si rende evidente anche la forza della carità che sostiene e prova compassione.
Papa Francesco, La nostra speranza davanti alla morte
A Marta che piange per la scomparsa del fratello Lazzaro oppone la luce di un dogma: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi tu questo?» (Gv 11,25-26). È quello che Gesù ripete ad ognuno di noi, ogni volta che la morte viene a strappare il tessuto della vita e degli affetti. Tutta la nostra esistenza si gioca qui, tra il versante della fede e il precipizio della paura. Dice Gesù: “Io non sono la morte, io sono la risurrezione e la vita, credi tu questo?, credi tu questo?”. Noi, che oggi siamo qui in Piazza, crediamo questo?
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11 Febbraio 2020