Roberto Lanzi e il Siloe Film Festival: il lavoro dei monaci somiglia al cinema, ecco perché ha senso una rassegna in un monastero (foto)
Il Siloe Film Festival è il suggestivo festival del Cinema, quest’anno internazionale, che da ormai tre anni prende vita all’interno del Monastero di Siloe, sulle colline dell’entroterra maremmano. Un luogo incantato, dove vive una comunità di monaci laici che, rifacendosi alla tradizione benedettina, hanno scelto una vita di fede e di rapporto pieno con l’ambiente e con il Creato.
Il Festival, che avrà luogo i giorni 8 e 9 luglio, vedrà incontrarsi e dibattere filosofi, teologi, intellettuali, tra proiezioni e reading, con la partecipazione speciale dell’attore Salvatore Striano. Ci si confronterà così sul tema di quest’anno, “Alla ricerca dell’altro: la compassione”, e per la quale concorreranno opere già premiate con il David di Donatello 2016 e il Globo D’oro 2016.
Roberto Lanzi, di Parma, architetto affermato, è oggi monaco in una comunità nuova e unica in tutta la Maremma. Il nome, Siloe, viene dalla fonte del terreno che la ospita, ed è il nome della piscina evangelica che si riteneva sanasse dalle malattie e dal peccato.
Roberto Lanzi si racconta a “Soul”, domenica 3 luglio alle 12.20 e alle 20.30: la sua scelta radicale, l’apporto della vita monastica al mondo, il tempo del silenzio, e la decisione strana di accogliere nel loro monastero un Film festival.
Tra molte altre, ecco alcune cose che mi ha detto:
“Ero lontano dalla Chiesa e lontano dalla fede, anche se a mio modo cercavo un senso della vita. Quando a 40 anni sono entrato nel monastero ero lontano da me stesso: per scoprire il proprio io è importante vivere in un contesto relazionale che ci aiuti a vedere il nostro volto e a prenderne consapevolezza. È solo con il passare del tempo che scopri di chi sei. In tutti noi c’è una dimensione nascosta, che per chi è credente è il volto che Dio ha riposto in noi. Può darsi che ci voglia tutta una vita per farlo emergere perché è un mistero. Bisogna cominciare a saper vivere con le nostre incongruenze, con le nostre scorze esteriori che pian piano si rompono facendo uscire altri lati di noi che prima non conoscevamo. Nessuno vuole perdere questa scorza, forma della propria mente…”
“Se si sta in un monastero ricchi di punti di vista e di valori propri ci si sta in modo sbagliato. Il compito del monaco è diventare una persona unificata, con l’identità che abbiamo ricevuto dall’inizio dei tempi e dalla quale ci siamo discostati. Il monaco è colui che deve diventare capace di abbandonarsi all’azione della Grazia. Questo è esattamente il contrario dell’uomo pieno di certezze.”
“Spezzare in Cristo è spezzare tutto ciò che in noi non è di Dio, non è autentico. Ma cosa è autentico?”
“Non c’è vita insieme se non c’è relazione. L’accoglienza significa ascoltare ma anche stare in silenzio, senza avere la pretesa di vendere all’altro la verità che è dentro di noi, perché il sé deve farsi a partire dalla propria coscienza.”
“Abbiamo costruito un Monastero a Siloe non perché avessimo scelto quel luogo ma perché quel luogo ha scelto noi: c’è stata una donazione da parte di una persona che non conoscevamo. All’inizio eravamo perplessi e incerti. Poi abbiamo capito che dovevamo testimoniare di essere monaci costruendo e coltivando in un certo modo. Ma la prima costruzione e coltivazione era riferita a noi stessi e solo in seguito al mondo esterno. Appena arrivati nel luogo che poi è diventato il monastero di Siloe c’era una stalla. Abbiamo tolto il letame dall’ovile che successivamente abbiamo trasformato in una Chiesa. Questo lavoro era metafora di ciò che ciascuno di noi doveva fare: togliere il letame che nel tempo del nostro vissuto si era accumulato dentro di noi”
“È inusuale un Festival del cinema in un monastero, è vero. Ma il compito dei monaci è quello di scandagliare le dinamiche profonde dei cuori, viaggiando nei paesaggi interiori. E’ il lavoro che fa anche il cinema, che parlando con un linguaggio proprio viaggia nei territori dell’umano. Allora il monastero è un luogo nel quale, a partire dal cinema, si riesce a far riflettere sui temi dell’umano. Durante questo Festival ci saranno le proiezioni di film accompagnati da dibattiti con filosofi e con i monaci, che non sono degli esperti di cinema ma dell’umanità. Una giuria del Festival è formata da giovani, perché il cinema parla di più a questa fascia di popolazione. Noi speriamo di mantenere con tutti loro un rapporto continuativo per creare una storia con le persone che incontriamo”
“I monaci hanno costruito un’umanità nuova dopo la distruzione di Roma. Io credo che oggi siamo nella situazione della caduta dell’Impero romano: l’Occidente non è caduto ma è decadente. C’è bisogno di partire dalla ricostruzione delle persone, perché se non si parte dalle persone non c’è nessuna civitas . Il monaco dovrebbe esercitare un ruolo di paternità e maternità che oggi non esercita più nessuno”
“L’umanità vera è uno slogan. Tutti vorremmo avere un’identità piena, ma per far ciò non è sufficiente questa vita. La vita è un divenire continuo e anche le persone lo sono. Nessuno è mai realizzato completamente”.
30 Giugno 2016