La solitudine dei Media è una schiavitù che ci disconnette
Lo psichiatra in tv, lo psichiatra coi baffi, e anche sociologo, scrittore di saggi scientifici di storie, per un lungo elenco di titoli. L’ultimo, pubblicato da Mondadori, Baciami senza rete, esplora l’overdose da ipercomunicazione, senza allarmismi, ma con qualche acuta preoccupazione soprattutto per i nostri ragazzi. Paolo Crepet è ospite a Soul, in onda su TV2000 Sabato 10 dicembre alle 12.20 e alle 20.45
Il mio libro parte da due scritte. Una su un muro di Roma: “Spegnete Facebook e baciatevi” che mi è piaciuta molto. E poi un’altra in un bar in cui c’era scritto “Free Wi-fi, ma se ve parlate è pure mejo” Ho sentito nell’aria che era il momento di uscire allo scoperto, perché era matura una condizione minoritaria ma critica. Lo chiamo il punto della nausea: quando mangi tanti dolci e non è il medico che ti dice di smettere ma è questa “sacrosanta” nausea che ti fa capire che bisogna cambiare. Naturalmente si inizia con piccoli gruppi, oggi si chiamano “digital detox”, una sorta di programmisti della de-tossificazione dal digitale. Io vedo conseguenze nei giovani, ma anche nelle persone non più giovani, una sorta di rallentamento cognitivo, vedo tanti zombie in giro e mi dispiace perché non sanno cosa si perdono.
Mai abbiamo avuto tanti mezzi di comunicazione, e mai si è comunicato così poco
Una volta era la solitudine, non di tipo sociale come essere soli che è meraviglioso: il contadino che pota la vigna sta benissimo; mio nonno era un artista ,stava solo e stava bene. Il problema è sentirsi soli. Puoi sentirti solo in una metropolitana, in una discoteca, in una cena di compleanno, alla laurea di tuo figlio… È questa solitudine psicologica che fa male e questo è pericoloso perché ti da l’illusione di non esserlo quando lo sei davvero ancora di più. Se una persona anziana ha tutta la tecnologia del mondo non va più a comprarsi il latte e nella latteria si fanno incontri, come al bar, al mercato: vedi la vecchia amica, rivedi quel signore che non incontravi da tempo, magari dici sciocchezze, ma meglio sciocchezze all’aria aperta che grandi genialità da solo allo specchio.
Educare ai media allora significa educare ad alzare lo sguardo
Tim Cook(amministratore delegato della Apple) quando gli hanno chiesto quale fosse il suo obiettivo ha risposto: “Vendere uno smartphone per tutti i cittadini della Terra, mi mancano 2 miliardi di smartphone”. Un obiettivo molto giusto dal punto di vista del commerciante, ma non per me, non per tutti. andiamo avanti così non avremo più una nostra identità ma ne avremo una telecomandata da due posti abbastanza brutti nel mondo: Cupertino e Seul. Penso invece alla bellezza di questo paese e penso che se vivessi a Cupertino sarebbe mancato moltissimo e quindi avrei avuto bisogno di avere una realtà virtuale. In Italia per fortuna la virtualità è la realtà.
E la realtà basta e avanza, se sappiamo guardarla.
Non abbiamo insegnato ai ragazzi la realtà. E lo si fa col coraggio di togliere, sicurezze e denari, e portando la persona a cercare, ad essere un cacciatore di un orizzonte, qualunque esso sia.
Se cosa possiamo dire ai nostri figli che ci apostrofano con “Sono tutti connessi, Fanno tutti così”?
“Fanno tutti così” è una frase che io detesto, perché anche Caravaggio avrebbe potuto dirlo ma ha fatto diverso ed è rimasto nella storia dell’umanità. Si potrebbe dire che lui era un genio, , ma tutti lo siamo a modo nostro: abbiamo tutti un talento, ma lo sprechiamo. Io ho un tale godimento nel fare quello che non fanno gli altri, nel vestirmi diversamente dagli altri, che sono stato sbeffeggiato in TV per i colori che indosso. Io senza questi colori qui non posso stare, mi dispiace per chi va in grigio.
Come puntare su una diversa educazione se mancano adulti che si assumano la responsabilità di essere dei maestri?
Ho fatto un viaggio in treno, tre giorni fa. Io viaggio molto in treno ed è un luogo dove imparo molte cose. Non si impara sui libri, si impara con occhi, orecchie e facendo domande. Ero vicino ad una famiglia, ipotizzo fossero danesi, mamma, papà e figli. Per 3 ore hanno giocato a carte, hanno dipinto e si sono divertiti: non ho visto uno smartphone, che bravi…
I media rendono stupidi, ha scritto. E’ una dichiarazione forte, forse esagerata.
Io mi ricordo a memoria il telefono di mia mamma, è morta da 35 anni quindi non ho fatto più il suo numero da quel momento. Allora non ero così demente come adesso che ho delegato la mia rubrica telefonica ad una “macchinetta” che tengo in tasca: se me la fregano non so cosa fare. Ma ho delegato in questo modo anche le strade ad un computer di bordo. Io non ce l’ho con facebook o twitter perché sono strumenti abbastanza banali. Il problema è come li usi questi strumenti. Ma perché svegliarsi ad orari assurdi per mandare messaggi o mettere la foto di un cappuccino su Instagram? Io sono stato sempre criticato per il narcisismo che è un mio carattere, è vero. Oggi però abbiamo scoperto miliardi di narcisisti che una volta erano nell’ombra: ti parlano dei loro fatti personali e lo devono dire al mondo inter, oppure la loro opinione deve fare notizia, ma ovviamente lo fa solo se sgangherata, estrema o se contiene nefandezze e insulti. C’è tutto un mondo che va verso la maleducazione, l’improvvisazione e la superficialità. L’altro giorno il professor Zecchi, insegnante di estetica, mi ha dato una notizia terrificante: all’università il preside ha mandato un dispaccio ai professori dicendo che i libri più di mille pagine vanno condensati. Sembra quasi voglia dire che le nuove generazioni sono ormai spacciate e non capiscono niente. Cosa ha di diverso da me chi oggi ha vent’anni? Che non è in grado di leggere e studiare un libro di 2000 pagine? Quali sono state le generazioni che hanno fatto questo paese così bello e così ricco? Non solo chi sa leggere più di mille pagine o altro, ma anche chi aveva la terza elementare, chi aveva un coraggio da leoni, che il caffè lo prendeva amaro, alle 5 di mattina e andava avanti, chi aveva i genitori che gli davano una pacca sulle spalle dicendo “Sei bravo, sei intelligente, il mondo è tuo: ciao!”
Il grande rischio sui social è che chiunque diventi autorevole, anche senza alcuna competenza.
Qui c’è un’idea barbarica della democrazia, secondo cui siamo tutti uguali: non è vero, io e lei siamo diversi. Abbiamo un voto da spendere nel momento in cui siamo chiamati se vogliamo andare a votare. Diritti e voto è quel che abbiamo in comune, ma tutto il resto è ben differente, per fortuna. Questa idea della democrazia di internet appiattisce il mondo; alla fine non vale la pena studiare perché una qualsiasi soubrette, può parlare di vaccini o di buchi neri o di politica, e allora…
Franco Basaglia è stato il suo grande maestro.
Franco Basaglia è stato il mio secondo papà, tra i tanti papà che mio padre ha accettato comprendendo che da quegli uomini stavo apprendendo cose fondamentali. Ho avuto grandi appuntamenti nella vita, non credo nel destino e nella fortuna. Bisogna andare alla stazione sotto casa e prendere il treno della vita che passa sotto casa tua. Io ho preso il treno di Basaglia, che era un gigante, che ha liberato centinaia e migliaia di persone dalle torture quotidiane. Ho conosciuto i manicomi e ne ho sentito l’odore di quelle galere in cui dentro ci stava solo chi era debole e fragile, chi non aveva fatto male ad una mosca. Se le sue idee sono state male interpretate non è colpa sua ma di chi non le ha sapute mettere a frutto.
Essere soli e perfetti non porta solo alla malinconia, ma può uccidere.
Io ho paura del solipsismo che è un offesa alla nostra umanità, nessuno da solo ha fatto mai niente, nessun genio avrebbe mai potuto fare qualcosa se fosse stato da solo. L’uomo è un opera d’arte: io mi diverto tanto a guardare la gente, è bellissimo. Ho frequentato un sacco di osterie, non i wine bar spocchiosi. Nelle osterie c’è la gente, c’è il ragionamento, l’imprecazione, la fatica. La vera svolta digitale è la connessione, dobbiamo amare la connessione. La cosa che non mi piace della digitalità è che tende alla perfezione, che è noiosa, non è vera e non lascia traccia.
Ma e’ vero che molte volte meglio un libro che lo psicanalista?
Sono molto preoccupato per chi non legge più. Calvino diceva che quando leggi un romanzo e scorri le pagine assapori l’inquietudine di chi lo ha scritto. Il fatto di non leggere più, non lascia più innamorare delle inquietudini altrui e questo crea un mondo gelido, distante, fatto di ordini e muri. Ci mancano i ponti, dei ponti non dobbiamo mai avere paura.
Paolo Crepet è ospite a Soul, in onda su TV2000 Sabato 10 dicembre alle 12.20 e alle 20.45
A Cura di Giuliano Cattabriga
9 Dicembre 2016