Suor Carolin Tahhan è donna dell’anno 2017
E’ donna dell’anno 2017 per la sua libertà e il suo coraggio, premiata negli States da Melania Trump…Che contrasto d’immagine. Non è né una modella, né un’attrice. Non è una politica, né una scienziata. E’ una suora: Suor Carolin Tahhan, siriana di Aleppo. Una parte della sua famiglia proviene dall’Armenia ed è scappata in Siria per fuggire al massacro operato dai turchi. Nei ricordi d’infanzia ha conosciuto già storie di orrore. Allora la Siria era un pese prospero e in pace, oggi è terra da cui fuggire. Ma Suor Carol non è fuggita. Suor Carol è una figlia di Maria Ausiliatrice, figlia spirituale di Don Bosco, salesiana.
“Agli inizi lavoravo con ‘Fede e Luce’, un’associazione cattolica ecumenica fondata da Jean Vanier a sostegno delle persone portatrici di handicap, dentro di me però sentivo un’altra voce. Ho cominciato così a pensare a una vita ‘religiosa’. Sentivo il richiamo, ma inizialmente la mia famiglia non mi supportava. Sono laureata in chimica, ho lavorato in quest’ambito. Continuavo però a sentire una voce dentro di me che mi diceva di andare ‘verso qualcosa di altro’. Un giorno sono andata in una zona povera, dove lavoravano le suore. Lì ho incontrato Suor Nabila, una salesiana, ed ho iniziato ad aiutarla dopo il lavoro….
Rispondendo alla mia vocazione, sono andata a Damasco dalle Suore di Maria Ausiliatrice e ho lavorato all’ospedale italiano. Alla fine della mia esperienza lì ho detto: ”Signore, questo è il mio campo”. Per la mia famiglia non è stato facile accettare la mia decisione, al giorno d’oggi essere suora significa andare controcorrente, nonostante la mia sia una famiglia cristiana”.
“Non possiamo andarcene. Dobbiamo essere presenti come suore non soltanto nei momenti belli, ma anche e soprattutto in quelli difficili. Dobbiamo dare speranza alla gente. Noi lavoriamo secondo lo spirito di Don Bosco. Aiutiamo non solo i bambini, con l’oratorio, ma anche le donne. Le aiutiamo ad essere indipendenti. Insegniamo loro il lavoro di sartoria. Ho collaborato con l’Organizzazione Internazionale per i rifugiati e abbiamo realizzato questo progetto della durata di un anno, un corso di taglio e cucito per confezionare abiti, aperto a tutte le donne, che alla fine ricevono in dono una macchina da cucire. Fino ad oggi abbiamo aiutato quasi 500 donne. Abbiamo poi creato un laboratorio, dove queste ragazze possono venire a lavorare dopo l’anno di formazione e i prodotti da loro realizzati vengono poi venduti”.
“Se getti un sasso in mare, crea un piccolo cerchio che diventa sempre più grande.
Non possiamo fermarci di fronte alla morte, moriamo anche noi. Dobbiamo dare speranza. Proviamo a creare uno spirito di famiglia. Quando le persone sentono la fiducia, sentono la pace.
Tante donne, dopo il corso, vengono a fare volontariato da noi. La maggior parte sono musulmane, ma quando si sentono accolte si aprono anche loro. Noi dobbiamo cambiare il mondo. Ogni donna, nel suo piccolo, può fare grandi cose.
Noi siamo coinvolti al cuore di una Guerra mondiale. La Siria era un paese bellissima, c’era una convivenza naturale tra musulmani e cristiani. Ora purtroppo non è più così, ma verrà la pace, lo spero tanto. Per assicurare la pace ci deve essere però un obiettivo comune, un dialogo”.
Ho fatto sempre la maestra, ora dirigo la scuola per i bambini. Quando sono andata in America a ritirare il premio sono rimasta molto colpita dai bambini che giocavano liberamente nel parco. Ho pensato: “Perché da noi non è così?”
Senza accorgermene ho cominciato a fare un paragone tra i bambini che vedevo lì e quelli in Siria: giocano con gli spezzoni di bombe, sanno distinguere il suono di un missile da quello di una bomba, di un cannone…
Per questo abbiamo dato vita a un’iniziativa: i bambini portano a scuola i giochi simbolo della guerra che hanno a casa e ne prendono di nuovi, non violenti, donati dalla scuola”.
“Sono fiera di questo riconoscimento. Ma non sono l’unica donna coraggiosa: dietro di me ci sono le mie Sorelle, missionarie. Sono contenta che abbiano scelto una suora, tra tante donne coraggiose. Noi diamo la voce al messaggio di Dio: Dio è amore. Non si può combattere la guerra con la guerra”.
“Quando esco di casa ogni mattina recito la mia preghiera personale: “Signore affido la mia vita nelle tue mani” Perché non so se tornerò a casa o meno la sera.
Un giorno è caduto un missile davanti a me. Per un lungo momento la mia mente si è fermata. Non sapevo cosa fare”.
“Ho visto delle persone care morire. Noi viviamo paralleli alla morte. Ma ci è chiesto di dare la vita.
Quando vengono i bambini a scuola penso: “Ecco, sta arrivando il futuro. I bambini sono il nostro futuro.” Questo mi aiuta ad essere forte”.
21 Aprile 2017