Convertire ogni cultura e non proselitismo
Arturo Sosa Abascal, superiore generale della Compagnia di Gesù. Nato a Caracas in Venezuela, nel ’49, figlio di un banchiere, economista e ministro delle finanze.Laureato in filosofia e scienze politiche ha dedicato molti anni all’insegnamento e alle ricerche: è un punto di riferimento culturale e politico di un paese in ginocchio, per la crisi economica e per la violenza… E’ il trentesimo successore di sant’Ignazio, il primo non europeo e il primo latinoamericano, per la prima volta con un papa gesuita e latinoamericano. Naturale che ci sia una sintonia particolare tra il papa e la Compagnia, tra il papa e Sosa, figli entrambi della Compagnia e del Concilio.
Sosa ha la politica nel sangue, come ricerca del bene comune, come passione, alleata dall’autorevolezza e dal ruolo io un padre che ha sempre invitato i figli a non chiudersi, a vivere bene solo cercando di vivere bene insieme. E dalle burrascose vicende di un’America Latina lacerata da dittature e alternanza di governi traballanti. E’ un uomo di immediata simpatia, di profondità di pensiero non supponente o austera, che, si capisce, ha sottocchio la bellezza e le difficoltà di una Compagnia che conta 17.000 uomini sparsi e in qualche caso sperduti, anche segretamente, nel mondo. Capace ancor oggi di inculturarsi in civiltà diverse, a generare genuine vocazioni. Senza il problema del numero: sant’Ignazio nelle sue Costituzioni spiegava già allora che i gesuiti vanno scelti uno ad uno e bene, anche se sono molti. Vanno scelti ancor meglio oggi, tra pregiudizi, o vere persecuzioni, con la necessità di formare nella scuola, che oggi se è una scuola cattolica è per libera scelta, non per convenzione sociale, quindi può avere un’incidenza ancora maggiore.
Sosa è un religioso che ritiene fondamentale, anzi necessario l’impegno dei cristiani in politica: non è possibile aver fede e non far centrare la fede con la vita, relegarla nelle sacrestie o nelle devozioni. La politica per molti è una cosa sporca? “Anche la preghiera può essere sporca”, spontaneamente risponde, spazzando ogni moralismo e reticenza. Lui si è fatto prete per questo: per essere utile al suo paese. E si è fatto gesuita per questo: dopo due guerre, davanti alla guerriglia e ai soprusi delle dittature, con la voglia dei giovani a partecipare, a cambiare e lasciare un segno positivo nel mondo, essere gesuiti è stata la risposta immediata.
Educato alla spiritualità ignaziana, ferrato nell’esercizio di una preghiera che è indispensabile per la mente, per il respiro, e che va imparata, passo dopo passo. Centrato sui cardini della fede, carità, cultura, cioè la profondità intellettuale, in modo che al pensiero segua la giusta azione; e missione, da sempre il carisma dei gesuiti. “Mi sembra che oggi più che mai la Compagnia si senta missionaria dappertutto, perché si sente che ha questa sfida così grande di poter incarnarsi in ogni cultura, in un modo rispettoso. È una delle grandi sfide dell’evangelizzazione: per diventare seguace e discepolo di Gesù non bisogna rinunciare alla propria cultura. È un modo di con-vertire, di fare più umana, qualsiasi cultura.” La missione non significa proselitismo, come ripete spesso il papa: la propaganda non affascina, non porta a Cristo. La testimonianza sì. La verità non va brandita, ma cresce con l’umanità di chi la vive.
Padre Sosa, il “papa nero” di oggi, è l’ospite di Soul domenica 29 gennaio alle 12.20 e alle 20.45 su Tv2000
27 Gennaio 2017