Poesia e sacerdozio una strada comune in ogni istante
José Tolentino Mendonça è voce letteraria e poetica del suo Portogallo, voce di una cultura europea dove conta amicizie e sintonie inedite. È vicerettore dell’Università Cattolica di Lisbona, consultore del Pontificio Consiglio della Cultura, studioso della Bibbia, editorialista di Avvenire, ma anche di Pessoa, Saramago, Pasolini e Flannery O’ Connor. Nato a Madeira, isola sospesa tra l’oceano e il cielo, ha respirato il mare e le montagne, l’esotismo dei suoi frutti e della sua gente.
“Madeira è un luogo letterario, sembra un luogo sognato, potrebbe essere il paradiso terreste: la sua “sospensione” è tattile e affascinante”.
“Sono figlio di pescatori e i pescatori hanno una professione artigianale, sono vicini alla natura, al silenzio delle grandi notti sull’oceano e questo definisce un temperamento e uno sguardo.
Se qualcosa mi descrive è il sostantivo “lettore”. Lettore del mondo, cioè ricercatore del senso, dello stupore, della rivelazione del reale che giunge sempre attraverso l’altro.”“Cerco nella letteratura i ribelli, quelli che guardando il mondo capiscono che quel che vedono non è tutto. Pasolini ad esempio è un maestro di dissidenza nei confronti di una cultura dominante, acritica, piegate a logiche disumane. Mi interessa per la revisione critica della modernità e perché ci mostra la forza originale, creativa, della parola. Era certamente un credente, di frontiera, inquieto, come devono esserlo tutti i credenti.”
“La mia prima biblioteca è stata mia nonna, che era analfabeta. Ma c’è una letteratura orale che è comunque letteratura: le prime poesie è stata mia nonna ad insegnarmele, a memoria. Questo modo di arrivare alla lettura ha lasciato un segno ed una capacità di ascolto che è stata fondamentale per la lirica”
“Ho queste due vocazioni in me, poeta e sacerdote, ma sono un’unica strada. Sono poeta da sempre nel modo di guardare il mondo, ma da sempre ho avuto una visione religiosa del mondo e nel cammino, nella scoperta delle bibbia e della teologia, questa vocazione è diventa la mia passione più chiara. Ho capito che la poesia è anche un’espressione di te, un servizio, un rapporto con la realtà, perché tu stai con la nudità della tua parola davanti a Dio e aiuti gli altri a cercarlo restando in silenzio.”
“La tradizione cristiana ha una grande responsabilità culturale. Noi siamo una comunità di lettori: ci raduniamo per ascoltare una parola che è vertiginosamente divina, perché il logos si è fatto carne. La parola cristiana è uno scandalo perché è teomorfica, è forma di Dio, quindi il provvisorio della parola umana ha la forma dell’eterno e questo genera una responsabilità nei confronti della parola, che abbiamo dimenticato. Abbiamo tolto alla parola la capacità di generare mondi, l’evidenza del mistero. L’abbiamo ridotta a puro slogan. Siamo tutti dei chiacchieroni, anche i preti, i pastori. L’uso della parola aveva un tempo una solennità, un’economia, quasi un timore. Quando facciamo silenzio la parola non può essere mai banale, ma porta in sé la rivelazione.”
“Amo molto la definizione di mistica di Michel Certeau: “mistico è colui che non smette di camminare”. Tutti i cristiani sono mistici, così è la nostra appartenenza a Cristo. Questo rimanere nel mistero di Cristo avviene però nella quotidianità, nella vita comune, ordinaria. Per me l’istante è un grande sacramento di Dio, perché è l’attimo fuggente, il vero tempo in cui Dio si può scoprire.”
“C’è una pedagogia, meglio una mistagogia per introdurci nel mistero e i nostri sensi sono la prima chiave d’ingresso. Oggi non sappiamo più vedere, dire, gustare, sentire gli odori, toccare la realtà. È una responsabilità dell’evangelizzazione ricordare che la gloria di Dio è l’uomo vivente, come dice Ireneo, cioè l’uomo che fa un’esperienza di pienezza sulla terra. È l’anima carnale di cui parlava Péguy ed è vero che il cristianesimo è una religione materialista, nel senso che la carnalità del mondo è dimora di Dio.
La vista e l’udito sono i sensi della distanza. Il tatto invece è il primo dei sensi, quello della prossimità, dell’incontro. Il gusto poi è il senso della maggior intimità. Sapere e sapore hanno la stessa etimologia per assaggiare le cose le mettiamo in bocca. Quindi il sapere non è l’esteriorità delle cose nella mente, ma l’unità delle cose al nostro essere più profondo. E Dio profuma, anzi secondo me puzza perché il profumo di Dio è il profumo del povero, delle vittime della storia.”“È vero che oggi virtù come la perseveranza e la costanza sono trascurate, ma noi dobbiamo andare controcorrente, i cristiani devono essere alternativi ma in positivo, non per combattere il mondo, ma per un cammino di umanità portando i loro valori senza paura di essere minoritari. La grande patologia della Chiesa è l’autoreferenzialità, ha ragione il Papa, quando cioè si chiude in se stessa, nelle sue piccolezze, nei suoi drammi interni e perde la capacità di essere sale e luce nel mondo.”
“La bellezza è la verità, ma che riguarda comunque l’umano. Può essere anche una parete bianca, ma è quel che di sé porta una verità a dare senso ad uno sguardo che fissa. Esiste certamente la bellezza eterna, ma la bellezza delle opere dell’uomo è sempre circostanziale. Leonardo da Vinci è la bellezza, ma se è cristallizzato, riprodotto, massificato può diventare quasi banale. Mentre l’arte contemporanea può avere un’essenzialità, una nudità, una distanza nei confronti della bellezza che è il modo necessario oggi per trovarne la nuova icona”
“I miei maestri sono i poeti, i ribelli, gli esploratori, i santi, gli uomini e donne di ogni giorno che con la loro capacità di resistere e di andare avanti lasciano sulla terra il segno di un incontro che non muore.”
“Nel Vangelo c’è un cammino di scoperta, stupore, sconcerto, anche drammatico, della figura di Gesù. Chi è costui? Perché parla con autorità? Perché ha scelto quegli uomini? Il ritratto di Gesù nei Vangeli non c’è. Solo nel cammino dei segni e delle domande si capisce piano piano chi è Gesù come pure nelle lacrime dei peccatori. Per questo una chiesa farisaica che si allontana dal mondo, perché è un mondo di peccatori, non è capace ad arrivare al vero ritratto di Gesù”
José Tolentino Mendonça è ospite a Soul, domenica 5 febbraio ore 12.20 e 20.30.
A Cura di Giuliano Cattabriga
3 Febbraio 2017