Essere prima di tutto uomo e fratello
Padre Flor Maria Rigoni è un sacerdote missionario scalabriniano, 70 anni, in giro per il mondo, dal Giappone alla Germania, dall’Africa al confine più pericoloso del mondo, quello tra il Messico e gli Usa.Negli ulitmi 19 anni questo avventuriero dello spirito, che gira con una lunga tonaca bianca, e un crocifisso infilato di traverso nella cintura, come una pistola nella fondina, ha incrociato oltre 700mila migranti, figli della violenza e della disperazione di quel triangolo della morte, Honduras Guatemala e Salvador, che è la loro Siria. Padre Rigoni ha fondato in Messico, dove da anni si ergono muri, case d’accoglienza dove offre assistenza sanitaria, psicologica, giuridica. È un’autorità tra le autorità politiche del suo paese, dell’Onu. Per questo pensa che ha fatto quel che poteva, e vorrebbe finire la sua missione su una delle spiagge d’Europa a cui approdano i rifugiati, la storia del nostro futuro. Non scarichiamo su Trump il suicidio di un continente vecchio, spento, che sta rinunciando alla giovinezza.
La scelta
Ho compiuto gli 11 anni in seminario. Avevo preso le mie prime due buste paga nelle vacanze, ero gruista per portare i blocchi di granito in una diga di Frega Bolge in alta Val Brembana. Sono entrato per quelle causalità di Dio che ti incrocia dove, come e quando vuole. Quello che mi ha chiamato erano due foto che mi sono trovato mentre ritornavo a casa: un missionario in moto ed un altro a cavallo. Da qui ho detto “Io vado”. Mi piaceva la moto, non tanto i cavalli. A quel tempo c’era la moto Rumi, bergamasca. Sono entrato e ho colto l’essenza di Scalabrini in quella famosa lettera in cui scrive dopo aver incontrato a Milano con 500 migranti per la prima volta ammassati aspettando il treno per Genova. Qui scrive “Mi sono sentito vergognare e un rossore è salito al mio volto come uomo e come vescovo” Questa è la sintesi che ho fatto mia: prima di tutto tu come uomo e fratello, da un punto di vista storico e antropologico, mi stai chiamando, mi incontri.
La madre
Mia madre era un po’ una mamma chioccia, sono nato durante il ritiro dei partigiani nella Valdossola dove papà era stato trasferito per Impregiro. Il Feldmaresciallo tedesco che era arrivato fino a 5 chilometri dal ghiacciaio quando ha saputo che una donna stava morendo per dare alla luce un bambino, ha dato la Jeep al dottore perché potesse arrivare. Sono nato io, ho il segno del forcipe, e dopo quattro ore ho fatto un vagito e il medico sembra che abbia detto “l’è mo viv quel ruspetìn”. Poi mamma si è ripresa.
Il mare, la sua spiritualità
I Gesuiti mi hanno dato la formazione teologica alla Gregoriana, ma il mare mi ha dato la mia spiritualità, molto distinta dalla religiosità: questa immensità. Il primo viaggio fu di 8 mesi, era durante la guerra del Yom Kippur, ci abbassarono la velocità a 14 nodi quando potevamo andare 23: abbiamo fatto 35 giorni di puro mare, con la circumnavigazione dell’Africa per arrivare in Malasia fino in Giappone. E lì le lunghe ore al timone, sul ponte, nella sala macchine, un inferno questa e sopra di lei il paradiso: il rumore, il caldo, salire e scendere le scale come elettricista ero soprattutto lì.
La nave è una città che viaggia, un pezzo di umanità che si affida. Mi diceva il primo comandante: “L’unica forza che abbiamo col mare è affidarci al mare” Si prega molto di più in mare, parli con qualcuno. E l’immensità, senza volerlo, è come le chiese gotiche, ti porta verso l’alto. Il mare ti porta verso l’umanità intera perché la costeggi interamente.
Sud Africa e vendetta
In Sud Africa mi è toccato il passaggio di Mandela con un’esperienza molto forte: la vendetta contro i portoghesi. Erano piccoli in Europa, così si sono imposti in Africa con l’arroganza di chi è piccolo e vuole imporsi, con una cultura e un popolo. In un anno ho fatto 21 funerali di portoghesi assassinati e nessun italiano. Come oggi ingiustizia e giustizia si mescolano, per vendetta, per essere sottomessi e disprezzati. Soprattutto gli Zulu che avevano tutto un loro impero e non li incontravi nelle miniere dove sono sceso varie volte. Lo Zulu è un guerriero, l’unico esercito che ha sconfitto gli Inglesi che per questo gli hanno dato questo nome dispregiativo.
Il Messico e il Risiko di Dio
Avevo scritto al mio superiore generale che mi indicasse la sesta lingua che voleva che imparassi e mi ha detto che dovevo imparare l’arabo. Dopo sei mesi che cominciavo a leggere le prime Sure, mi disse di dimenticare tutto ed andare a Tijuana, in Messico.
Lo Spirito gioca a Risiko, come Dio. Creare me e tutti noi è un rischio. Ho cominciato 32 anni fa al nord a Tijuana, nel Canyon del Muerto. Si chiama così perché ci sono scene a cui ho assistito. Per esempio Papà che tagliavano il dito della ragazza perché sennò glielo strappavano per togliere l’anello. Ho visto una ragazza coi seni tagliati perché si rifiutava di essere stuprata. Era terra di nessuno. La prima messa l’ho celebrata con un piccolo banchetto sulla frontiera, sulla linea. La domenica successiva avanzavo di 20, 30, 50, 100, 150 metri così la gente entrava nel confine. 3-4mila persone ogni giorno passavano. Finché venne il capo militare e mi chiese cosa stessi facendo, gli risposi che mi lasciasse dare l’ultima benedizione prima che li catturassero nella notte. In una notte ne hanno arrestati 4700, sono numeri impossibili, in Italia e in Europa, già 32 anni fa.
Casa Belen, la prima accoglienza
La prima casa è stata a Tijuana e poi ne abbiamo una sul confine del Guatemala, come provincia ne abbiamo 5, stiamo aprendo a Città del Messico. Una “Betania” voleva essere nella mia idea, un catena che poi la Chiesa ha aperto e ha adesso 72 piccoli centri e abbiamo ricevuto ad oggi 705mila in 19 anni.
In questi anni la tipologia e la fenomenologia delle migrazioni sono cambiate continuamente. A Tijuana che oggi riceve 300mila persone, ricevevamo dai 10-15mila che passavano dagli Stati Uniti ed era relativamente facile. Oggi riceviamo sui 10mila deportati dagli Stati Uniti. Ormai passare è impossibile, da almeno 10 anni.
Il muro non è di Trump
Il muro c’è già, non tutto è muro ma ci sono reticolati. Obama, coi suoi sorrisi e promesse, ha deportato 3 milioni di messicani nei suoi 8 anni. Trump vuole deportarne altri 3 milioni. Quando una società si chiude, vale anche per l’Europa, grida che è vecchia, che ha paura e fa la trincea. Oggi nessuna guerra è di trincea e trincerarsi vuol dire già scavarsi la fossa. La frontiera sud col Messico non è militarizzata, sono 980 chilometri di frontiera col Guatemala che è pura giungla, ma c’è un imbuto che è salendo verso il Messico che è l’Istmo di Tehuantepec. Qui ci sono dei blocchi e prima di andare lì ci sono le volanti, ma passi per la corruzione. Non ci sarà nessun regime al mondo nella nostra storia che non apra fessure alla compassione e alla solidarietà.
Le cause della fuga
La gente scappa da una guerriglia di bande, quei residui di tutte le guerre civili. Un contadino che ha avuto un’uniforme, gli stivali e un mitra o un kalashnikov non torna più al campo. Per un momento ha sperimentato il potere, l’essere qualcuno. Per sette anni ho condotto un programma di riscatto per le vittime della tratta, tutte minorenni: arrivano mamme con i loro figli. Quando chiedevo dove andassero mi rispondevano: “Noi carichiamo la nostra bara giorno dopo giorno perché ogni momento e ogni luogo può essere il nostro cimitero”. Morire là o lungo la strada è uguale.
La violenza in Messico
Sono 30 anni di violenza, terminata la guerra civile e la guerriglia si è costituita partito politico, ma è scappato di mano il controllo della “bandilla” di poter continuare ad aver un potere. Sono spietate. Ho dovuto inventare una parola nuova che esiste solo in spagnolo: “diventare orfani di fratelli“. Per questo dico che è la nostra Siria, si scappa per sopravvivenza.
Belen è salvezza per molti
A Belen abbiamo medici, dentisti, psicologi, assistenza legale. Con il governo abbiamo aperto un progetto pilota di una scuola di arti e mestieri. Siamo passati da una media di 80 rifugiati all’anno che venivano dal Pakistan, Nigeria e da tutto il mondo, a 1150 l’anno scorso nel giro di 3 anni. Arrivano chiedendo rifugio politico al Messico e chi non può ottenerlo, può ricevere il permesso superando con la media dell’otto i 6 corsi di specializzazione che facciamo nella nostra scuola.
Il migrante è invisibile
Calcoliamo 300-400mila persone, difficile stimare una migrazione di “invisibili” senza documenti. Ho lottato contro la famosa “bestia”, treno merci dove passavano sopra come animali o sacchi di cemento. O il migrante lo rendiamo visibile, dandogli una dignità e sapendo dove si trova, altrimenti è oggetto di qualsiasi avvoltoio, da parte del governo e delle sue istituzioni e della criminalità.
Periferia cambia la vita
Le periferie si muovono. In una conferenza dissi “E’ arrivato finalmente un papa che parla come noi che siamo in periferia“. L’idea di periferia viene soprattutto da Zygmunt Baumann che cominciò a coniare questa parola. Io ho imparato dalla migrazione qualcosa che vorrei lasciare, quasi come testamento: saper inventare giorno dopo giorno i motivi della mia speranza. Arrivando da 10 anni di Germania ho avuto l’impressione di cadere in un nuovo pianeta, dove il tempo non esisteva e la relazione di diritto era “domani” o “vediamo”. Il migrante scommette anche su Trump, che ci sarà gente che gli apre la porta.
Trump non fa paura, anzi…
Trump non mi spaventa. Tra dire e il fare c’è di mezzo il mare. Ci sono dei buffoni che possono fare delle sparate come in una qualsiasi campagna elettorale italiana o europea. Da un punto di vista economico e della politica democratica degli USA, alla fine i mass media sono liberi, molto di più che qui, e gli anticorpi ci sono. In Messico si dice che cadrà col suo peso. Trump può dare al Messico una forza enorme, unificare un paese che si è straziato: abbiamo delle regioni dove la violenza è uguale al “triangolo nord”. Delle 5 città più violente dell’America Latina una è in Messico, Acapulco: era una città di turismo internazionale che sta morendo.
Le ragioni della violenza latinoamericana
C’è da chiedersi perché l’America Latina è la regione più violenta del mondo. C’è un aspetto religioso sotto. Quando cadde l’Impero Romano la Chiesa cercò di riunificare la società. Il Papa incarnava l’autorità di Dio e il primo scontro si ebbe con l’Impero germanico, con gli Ottoni. Francia, Portogallo e Spagna rimasero con la Chiesa. Quando arrivarono in America Latina, arrivarono con l’autorità di Dio attraverso il Papa e il Re. In Germania, invece, si diceva che uno era un soggetto di diritto e c’era chi lo amministrava, gli altri paesi dicevano di detenere il diritto da Dio e di “concederlo”. Per riassumerla “Sei mio amico, no problem!” E se non sei amico devi comprarla l’amicizia.
Il Buon Samaritano è parabola del migrante e di chi lo accoglie
La parabola della migrazione per me è quella del Buon Samaritano che non domanda di che religione o di quale razza sia l’altro, ma guarda la situazione di sofferenza. Nella nostra congregazione questo sta quasi ponendo una linea di divisione. In alcune case dei migranti la maggioranza non sono cattolici. La carità non fa differenze, quando cominci a fare delle differenze ti allontani da Dio, non sei più cristiano. Se la mia carità ti spinge a chiedermi del perché io lo faccia, allora comincio l’evangelizzazione.
Io lo faccio come uomo, come diceva Scalabrini. Io non ho fatto nulla per nascere in un altro paese, per avere l’educazione che ho avuto: potevo essere nato in Africa, in una periferia oppure indigeno. Se ho avuto di più condivido.
Il Papa in Messico
Il Papa in Messico è stato sostegno, prima di tutto per essere latinoamericano: c’è molta più sintonia. Quando ero in Mozambico con le forze dell’Onu per il processo di pace i latinoamericani si incontravano e facevano festa. Non c’è la stessa solidarietà di altri paesi. Il latinoamericano si sente tale, nonostante le differenze di lingua.
L’altro motivo è la mia vocazione. Il migrante rappresenta tutte le categorie di sofferenza del mondo: in carcere, arriva nudo o quasi, affamato, malato e straniero. La paura dello straniero come diceva Levinàs è paura di te stesso, non ti conosci. Siccome l’altro è sempre lo specchio, anche nel fidanzamento: non si toccano certi temi quando ti accorgi che l’altro è una voce silenziosa che rompe la roccia che hai costruito attorno ai tuoi complessi.
La poesia
Scrivo poesie, per la vera poesia devi essere in un lutto profondo o in una gioia esuberante.
Pregare è il segreto della gioia
Il mio “segreto” è che mi sono imposto di dire messa ovunque, ieri sera ho detto messa nell’areoporto di Parigi su un tavolino, ho celebrato messa anche in aereo. Quando non riesco faccio due ore di contemplazione al giorno: mi alzo alle 5, faccio un’ora e mezza al mattino e mezzora la sera. Quello che stiamo perdendo è la trascendenza, siamo caduti nella “società liquida” dove non c’è identità e dipende da chi ti riceve, così sono vuoto e superficiale. E’ la profondità che ci fa segno di contraddizione. L’acqua è profonda
Padre Flor Maria Rigoni è ospite a soul su Tv2000 Domenica 5 marzo ore 12.20 e 20.30
A cura di Giuliano Cattabriga
2 Marzo 2017