Martedì in seconda serata
 Spettacolo "Lava Bubbles" della Compagnia Zappalà Danza
Spettacolo “Lava Bubbles” della Compagnia Zappalà Danza

Alle spalle la storica piazza del Duomo, quella con la cattedrale di sant’Agata e con “u Liotru”, il simbolo di Catania, ovvero, la statua in pietra lavica del famoso elefante. Di fronte la storica asse cittadina, la via Etnea che punta dritto e sale verso l’imponente vulcano. In mezzo piazza Università, amplissima, quadrata; e al centro di questo arioso spazio tardo-barocco un altrettanto quadrato, enorme palco, 16 x 16, tutto bianco e che ospita nel suo punto centrale due batterie, rivolte ai due lati opposti della piazza. È quasi sera quando i due batteristi si siedono, si danno le spalle e squarciano improvvisamente l’afa con potenti colpi che invadono lo spazio e creano un frenetico ritmo jazz calamitante e centripeto. Vanno avanti così per alcuni minuti ipnotizzando gli avventori occasionali. Quando la rutilante sequenza sonora si chiude si alza immediatamente una voce. È quella del prof. Michele Trimarchi dell’Università di Bologna che, in modo nient’affatto accademico, condivide con gli astanti una riflessione sulla conquista fisica ed emotiva degli spazi della città e invita a vedere e a vivere “uno spettacolo non efficiente, ma efficace”. In realtà si rivelerà precisa e con una coreografia rigorosa nella sua complessità e poliedricità, la performance di danza che ne seguirà e che sarà sostenuta, provocata, esaltata dal costante ritmo dei due batteristi (gli straordinari Francesco Cusa e Bernardo Guerra) e intervallata da altre due argute e lapidarie osservazioni (ad opera dei professori Enrico Pitozzi e Stefano Tomassini) sul tema dell’esilio e dell’arte che abita l’incompiuto e il disequilibrio.

Questo è solo l’inizio di Lava Bubbles, “bolle di lava”, un evento appositamente pensato per Catania e per il “Festival I Art”, con cui si sono conclusi i festeggiamenti per il venticinquesimo anniversario dalla fondazione di un’eccellenza della danza contemporanea del sud, la Compagnia Zappalà, che di recente ha ottenuto l’importante riconoscimento ministeriale di “Centro di produzione” dopo che per un quarto di secolo il suo fondatore e coreografo Roberto Zappalà, dalla sua residenza e fucina creativa “Scenario Pubblico”, ha svolto un prezioso lavoro di creazione e diffusione artistica da sempre innervato nel territorio. Ed è accaduto anche con la prima assoluta di Lava Bubbles, un vero e proprio “happening” che enfatizza il rapporto inestricabile fra la forma artistica e quella urbanistica. L’arte volutamente non è relegata nei confini scenici tradizionali ma è pensata per invadere lo spazio quotidiano, così come fanno i 12 danzatori che in questo caso occupano il palco bianco progressivamente e lentamente, tutti vestiti di rosso fuoco e nero lavico.

L’evocazione dell’Etna è lapalissiana ma sorprendente è assistere alla traduzione corporea che ne fa la coreografia di Zappalà. I ballerini producono assoli, duetti, terzetti, quartetti, o gruppi corali che si creano e dissolvono costantemente senza soluzione di continuità. I movimenti sono disarticolati o acrobatici, fluidi o tarantolati; i danzatori occupano tutto lo spazio o corrono lungo il perimetro, si fermano, ripartono; non c’è nulla di prevedibile, sono bolle, polimorfe e inimitabili, potenti e spontanee, istantanee o dilatate. Insomma è un ribollire magmatico, una continua eruzione vulcanica che sembra spontanea ma scaturisce in realtà da un nucleo profondo di energia ancestrale e incommensurabile. Un inno alla vita che avvince e affascina i non più occasionali spettatori i quali, dopo un’ora di performance, chiedono: “ma lo rifanno? E quando?”.

di Michele Sciancalepore, fonte Avvenire

 

14 Gennaio 2016

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