Il sogno spezzato di Pippa Bacca
Attraversare undici nazioni a rischio lacerate dalla guerra in abito da sposa in autostop per portare un messaggio di speranza di vita e di pace. Affidarsi totalmente alla Provvidenza, pregare per allontanare il maligno, fidarsi delle persone, vivere la “perfetta letizia” francescana quando sotto la pioggia, affamata, stravolta e sfinita, da sola per strada nessuno si ferma in soccorso, credere che l’arte renda migliori le persone. È follia? Incoscienza? Utopia? Paradosso? Provocazione? Ingenuità che sconfina in una donchisciottesca visionarietà? Probabile. Ma se non ci fossero questi “hidalgo”, questi “cavalieri erranti” dal cuore puro animati da ideali senza compromessi il deserto sarebbe più arido e il mare più salato. E in questa missione salvifica e fautrice di solidarietà credeva fortemente Giuseppina Pasqualino di Marineo, in arte Pippa Bacca, la performer milanese visionaria e innovativa che l’otto marzo del 2008 diede avvio col progetto “Brides on tour” al suo sogno: partire da Milano col vestito bianco nuziale, insieme alla collega Silvia Moro, per raggiungere Gerusalemme passando per undici scenari di conflitto, dai paesi dell’ex Jugoslavia alla Bulgaria, Turchia, Libano, Siria, Egitto, Giordania e Israele. Il candore delle vesti possedeva una valenza polisemica, comunicava purezza, capacità generatrice femminile, luce, fusione con l’altro, dialogo; tutto molto simbolico ma anche estremamente concreto perché Pippa la gente la incontrava, la ascoltava, la fotografava, raccoglieva testimonianze, creava un nesso fecondo di solidarietà, lavava i piedi alle ostetriche per omaggiare il loro lavoro vitale e sempre si presentava in ogni lingua con la parola «pace».
Non sarebbe azzardato evocare il «Pace a voi» con cui Gesù Cristo si presentò agli apostoli dopo risorto mostrando puntualmente le ferite e i segni della Passione e augurando non una serena acquiescenza ma una febbrile pace nobilitata dalla sofferenza e produttrice di azione liberatrice. Anche la pace comunicata da Pippa Bacca voleva essere fertile e contagiosa e anche lei, col suo abito da sposa vissuto e lacerato, non nascondeva i segni delle fatiche e dei sacrifici del suo pellegrinaggio laico. Ma la notte del 31 marzo 2008 a Gebze, nei pressi di Istanbul, la trentatreenne artista, che predicava la pace fermamente convinta che nessuno le avrebbe fatto del male, incontrò la violenza più efferata e brutale e fu violentata e strangolata da un balordo di 38 anni che le aveva dato un passaggio. Il suo viaggio fu così tragicamente interrotto, il suo sogno infranto, il bianco del suo vestito da sposa strappato e insanguinato. Tutto finito? In realtà la sua morte innescò sin da subito una pletora di reazioni vitali non solo nella società ma anche nel mondo dell’arte con riconoscimenti, documentari, persino una poesia di Alda Merini.
E anche il teatro ancora oggi omaggia l’impresa di Pippa Bacca con uno spettacolo in scena al Teatro Marconi di Roma fino a domani. Tu non mi farai del male, di Rosa Menduni e Roberto De Giorgi, è l’emblematico titolo dell’allestimento fortemente voluto da Barbara Lalli e Tiziana Sensi che ne ha curato la regia: «Sono stanca di sentir parlare di muri – afferma con malcelata insofferenza la regista – e in un clima in cui serpeggia ostilità e diffidenza, in una realtà individualista ed ego-riferita far rivivere la storia di Pippa diventa una necessità e un’urgenza. Lei col suo viaggio voleva unire, non separare, creare relazioni e ponti, abbattere paure e barriere». Una sincera empatia con la platea in effetti la messinscena riesce a crearla grazie a una scelta registica mirata a valorizzare il racconto della pacifica odissea di Pippa Bacca senza trascurare la caratterizzazione umana del personaggio con le sue fragilità e tensioni sempre però corroborate da una fede e una volontà tenace. «Mai abbandonare il progetto» è infatti il mantra ossessivamente ripetuto dalla protagonista a cui Caterina Gramaglia conferisce credibilità e verità evitando i rischi dell’idealizzazione e riuscendo a comunicare il candore e lo stupore del personaggio senza mai scivolare nel facile infantilismo. Nello sviluppo drammaturgico, che si avvale del procedimento dell’analessi per ripercorrere con estrema chiarezza eventi passati ed evocare visioni, trova spazio anche l’eclettismo e la duttilità di Giorgia Guerra che brillantemente interpreta l’altra sposa e gli avventori incontrati da Pippa in varie occasioni.
Un teatro quindi che nella sua semplicità non lesina autentiche emozioni e ribadisce il suo anelito all’eternità: «Un’artista che perde la vita dentro la sua opera d’ arte vivrà per sempre», ci tiene a precisare Tiziana Sensi che candidamente confida: «In questo momento storico parlare d’amore non è trasgressione? Onestamente è bello fare uno spettacolo scandaloso che parla d’amore».
di Michele Sciancalepore, fonte Avvenire
14 Maggio 2019