Paolo Calabresi e Maria Amelia Monti “Nudi e Crudi”
«Chi sei tu?» tuona ripetutamente Mr. Maurice Ransome a Mrs. Rosemary Ransome; così all’improvviso, con tono perentorio, quasi drammatico, e completamente al di fuori del registro leggero e volatile della commedia. Una domanda dirompente che giunge dopo quasi un’ora di dialoghi serrati tutti all’insegna di uno humor sottile, garbato, venato di leggiadra ironia, un effetto voluto per creare spiazzamento e per dare una sorta di titolo tematico al vero problema che sottende tutta l’opera: l’estraneità che può arrivare a minare e cristallizzare un consolidato rapporto di coppia.
Entriamo così, in media res, nel vivo di una storia che ebbe un successo, forse esagerato, nel 1996 grazie all’analisi pungente, ma non originale, della relazione di due coniugi di quell’agiata borghesia inglese da secoli oggetto di acuminati strali ma in questo caso vista con tenerezza. Nudi e crudi è il titolo di questo racconto, l’inglese Alan Bennett ne è l’autore, Edoardo Erba l’artefice di una brillante traduzione e adattamento teatrale, l’esperta Serena Sinigaglia la regista che non lascia nulla al caso, Maria Amelia Monti e Paolo Calabresi i protagonisti dello spettacolo (in scena al Teatro Ambra Jovinelli di Roma fino al 7 febbraio, poi in tournée), impeccabili nei ruoli dei signori Ransome, sempre abili a sostenere il ritmo, mai inclini a facili “gigionerie”; coprotagonista come sinuoso narratore, Nicola Sorrenti, eclettico e frizzante ma a volte stucchevole nei suoi continui ammiccamenti.
Tante preziose energie al servizio di una classica commedia degli equivoci che ha il suo vero appeal non tanto nella trama, quanto nei moti d’animo e di psiche che un iniziale evento traumatico suscita nella stereotipata coppia che, tornando da una serata all’opera, trova l’impeccabile casa svaligiata. Il testo ha il limite di far calare quasi subito la tensione e l’attenzione sulle ragioni del singolare furto e non comunica nulla di nuovo quando Mr Ransome, rigido e pedante avvocato, reagisce con le sue idiosincrasie al malaugurato “incidente”, o quando la pavida e inibita moglie intuisce nel furto subìto un’opportunità di una nuova vita alleggerita dal peso del superfluo. Più accattivante il finale quando si riflette con compassione sulla necessità di una condivisione e di un’autentica comunicazione per mantenere viva la scelta del matrimonio.
di Michele Sciancalepore, fonte Avvenire
18 Febbraio 2016