Enzo Celli porta in scena il “Disgelo” umano
“Tutti quanti si ritorna terra, ma c’è una bella differenza tra il tornare terra disperata o terra innamorata!”. Queste parole le pronunciò nel programma televisivo “Beati Voi” di Tv2000 don Luigi Verdi, responsabile della Fraternità di Romena. Enzo Celli, coreografo di punta in Italia, tra i più attivi negli Stati Uniti e da anni proteso verso una poetica in cui l’uomo è al centro della sua originalissima espressione artistica, le ascoltò e decise di creare uno spettacolo che traducesse il contagio del calore.
Questa in sintesi la genesi di Disgelo, il dittico di danza contemporanea composto da due appuntamenti: The Gift (che ha avuto il debutto al Teatro Golden di Roma 14 marzo 2016) e Solàr (in programma a New York il 27 maggio 2016, all’interno della rassegna IDaCo). Protagonisti di entrambi gli eventi un’equipe di 19 danzatori italiani e statunitensi.
Emblematico il titolo Disgelo, che fa riferimento a un processo lento ma irreversibile di risveglio, di ritorno alla vita, una riattivazione di energia sopita che si rivela osmotica, prima epidermica e poi sottocutanea e interiore. Ma soprattutto, ed è l’intuizione più affascinante di Celli, questo fenomeno di scioglimento di ghiacci relazionali scaturisce da un input altro e alto ricevuto spesso come una “grazia” non cercata, comunque gratuita e imprevista: «Ti arriva addosso – confida Celli – non la chiedi e si presenta con una mano che ti viene tesa, un atto di misericordia che ti spiazza, non ti lascia indifferente e il tuo ghiaccio si scioglie».
Disgelo è uno spettacolo potente ma non prepotente. Già durante le prove si percepisce la forza lirica e corporea di un invito chiaro ma intimo e delicato a uscire dal letargo, dall’inaridimento del cuore. Gli assoli, i duetti o i quadri corali si sviluppano fluidamente attraverso una gestualità a volte ariosa e astratta, altre concreta e minimalista, in ogni caso c’è un’indagine su un movimento sempre significativo. Uno di questi è proprio un “dono” (il titolo inglese di questo primo episodio è appunto The Gift) che lo stesso Enzo Celli offre a tre danzatori di colore porgendo loro un bicchiere d’acqua, una simbolica offerta di vita e di aiuto a chi ha bisogno di una rinascita. Non manca all’interno della vibrante performance, ideata da questo maestro della coreutica che si definisce «biologicamente cattolico», un messaggio di carità cristiana ancor più esplicito con le parole immediatamente riconoscibili e inequivocabili tratte dall’“Inno all’Amore” della Prima lettera ai Corinzi di san Paolo e pronunciate sia in italiano che in inglese.
Audace e coraggioso il finale in cui il coreografo si espone e si mette in gioco con un monologo autobiografico, una condivisione struggente e spiazzante. Celli infatti confessa il suo sofferto rapporto col padre fino agli ultimi istanti di
vita; con un inarrestabile e commovente flusso di coscienza ci rende tutti partecipi della preziosa, incommensurabile
eredità che si riceve nel vivere il morire di chi ci ha generati. Altro che disgelo, un’esplosione di calore e di gioia sembra
scaturire naturalmente nell’ultimo movimento coreografico dai corpi dei 19 danzatori trasformati in atleti dell’animo.
di Michele Sciancalepore, fonte Avvenire
24 Marzo 2016