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Alfio Pappalardo, “Signore delle api”, classe 1958 di Catania. 30 anni fa, il 17 settembre del 1985, un incidente sul lavoro gli portò via la gamba e il padiglione auricolare sinistro, coprendogli il corpo e il volto di ustioni (250 anestesie totali). Oggi vive insieme alla moglie Emanuela, a Petricci, sul Monte Amiata (Grosseto). Lì si dedica a tempo pieno alle sue 75 arnie, divise in sei distinte postazioni sparse qua e là per la montagna.
Alideo Miatto, che tutti chiamano Emanuele, ha 58 anni, originario di Orbetello. Vive ad Albinia con la moglie Annalisa, il figlio Tommaso che ora frequenta l’università a Firenze. Emanuele è paraplegico per via di un infortunio stradale avvenuto 30 anni fa (ottobre ‘85). “Facevo il coltivatore diretto. Stavo andando a comprare gli anticrittogamici. A una svolta un camion mi è venuto addosso”. Trasportato d’urgenza all’ospedale di Siena con trauma cranico, sette costole e tre vertebre rotte ed emorragia polmonare: lo diedero per spacciato. Nove mesi dopo Emanuele fu trasferito all’Unità spinale di Firenze e, dopo altri sette mesi, tornò a casa, ma la sua vita era ormai completamente stravolta. Nel 2004 un amico gli propose di seguire un corso organizzato dall’Inail di Grosseto, in collaborazione con l’Anmil, l’Associazione nazionale degli invalidi sul lavoro, per diventare apicoltore. Oggi Emanuele ha una cinquantina di sciami, produce molte varietà di miele che vende nella sua zona ma il commercio è l’ultimo dei suoi interessi. Beniamino Neri a 16 anni perse il braccio destro durante la pigiatura dell’uva. “Il giorno dopo l’infortunio, mi sono fatto dare subito un quadernone e ho provato a scrivere con la sinistra”. Dopo il corso organizzato dall’Inail, oltre dieci anni fa, ha portato le arnie nei campi intorno al nucleo abitato di Nomadelfia, la comunità fondata da don Zeno, dove adesso vive.

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10 Maggio 2016