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Sono passati tanti anni ormai, da quando i genitori di una ragazza anoressica, che avevano dovuto sostenere spese molto ingenti per fare curare la figlia in un centro privato svizzero, si rivolsero alla Asl di Lagonegro per sapere se avrebbero avuto diritto a una qualche forma di rimborso. Una pratica burocratica fra le tante; ma i responsabili della Asl, e in particolare il direttore di allora, si resero conto che il problema di quella famiglia era la spia di un bisogno diffuso, al quale non si era ancora fatto fronte. Ogni cento ragazze – nella fascia compresa tra i dodici e i venticinque anni – dieci soffrono di disturbi più o meno lievi, e una o due delle forme più gravi come anoressia e bulimia. Eppure, malgrado una situazione tanto drammatica, la risposta della sanità pubblica è stata finora frammentata, disorganica, lenta. Nasce così il centro di Chiaromonte – l’unico posto dove nel nostro paese fossero riuniti i quattro livelli terapeutici (l’ambulatorio, il day hospital, la residenza e la struttura riabilitativa) – ma soprattutto un posto speciale, dove la vita delle ragazze si scandisce in un ritmo armonioso e costante di attività diverse, dalla musica all’arte alla danza. Qui una quarantina di figure professionali tra educatori, psicologi, dietisti, terapeuti c si occupano delle varie attività, dall’arte alla educazione corporea e perfino all’ippoterapia e all’onoterapia (gli umili asini si sono rivelati terapeuti incredibilmente efficaci).

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19 Maggio 2016