#SOUL al Meeting 2015 – Padre Carlo Charly Olivero, prete di favela a Buenos Aires
Carlos Olivero era un ragazzo di buona famiglia di Buenos Aires, che voleva fare il medico. Carlos “Charly” Olivero fa il prete della grande famiglia che lui ha scelto, nella favela Villa 21-24 di Buenos Aires, quella che chiamano Villa Miseria, Villa de emergencia. “Un nome ironico, perché le ville sono luoghi lussuosi, mentre qui si tratta di un quartiere povero, dove mancano i servizi essenziali – rete idrica, elettricità, fognature..ma ciò che caratterizza la Villa non è tanto la povertà, che c’è anche da altre parti, quanto l’assenza totale dello Stato, della legge. Per questo vige la legge del più forte”. L’emergenza è l’uomo, la sua povertà, trascuratezza, solitudine, l’emergenza è la droga, il “paco” che distrugge la vita di tanti ragazzi. “per comprarsi il paco le ragazzine si prostituiscono, fanno aborti, diventano madri bambine, i ragazzi rubano di tutto, e vivono per strada, nella disperazione. “ Charly è un cura villero, come si dice qui, prete di una parrocchia di 60.000 anime, prete che prega e lavora, nell’Hogar de Cristo, Focolare di Cristo, per liberare dalla schiavitù del paco i giovani che gli sono stati affidati. “E’una rete di comunità, in cui tutti hanno da dare qualcosa agli altrui, la proposta come chiesa per aiutare queste persone a risolvere i loro problemi, la salute, il lavoro, soprattutto la solitudine brutale. Viviamo in una società individualista, in cui ciascuno pensa per sé… Io non so come si combatte la povertà: sono certo che se abbiamo una comunità, se riconosciamo di essere tutti uguali, che le disuguaglianze non sono naturali, se sappiamo che siamo fratelli, vivremo una vita migliore”. E lui e i sacerdoti suoi amici sono i testimoni prediletti di papa Francesco, ovvero il cardinal Bergoglio, il vescovo che li ha mandati, sostenuti con ogni mezzo, appoggiati di fronte al pregiudizio, ai sospetti di una chiesa troppo chiusa in se stessa e dimentica della carità. Qualcuno li accusa di essere un po’ comunisti: “Capisco questo tipo di pregiudizi in una società ormai polarizzata: ma non si tratta di ideologie, l’opzione , la scelta per i poveri è nel vangelo, ha sempre riguardato la chiesa. La gente del mio quartiere ha una cultura che è figlia della prima evangelizzazione, ha imparato a riconoscere che la chiesa c’è, quando manca lo stato. Ha ragione il papa, quando connette quel che capita nelle periferie del mondo ai centri del potere”. Mettere in partica la carità è anche fare politica “non in un partito, ma certo quando ci occupiamo di questioni sociali, della giustizia, quando chiediamo un cambiamento culturale facciamo politica. La politica è la forma più nobile per cercare di risolvere i problemi della vita. Tutta la vita è politica. E tutta la vita è religiosa, ogni aspetto della vita, anche la malattia e la morte sono un’occasione per guardare verso il cielo, per camminare alla ricerca di Dio”. Parla come papa Francecso, questo sacerdote che lo riconosce come maetsro della sua formazione, e che ricorda: “era vicino a noi quando eravamo ancora seminaristi, veniva a parlare con noi, potevamo fargli qualsiasi domanda, potevamo chiamarlo tutte le mattine tra le sei e le sette e sapevamo che ci avrebbe risposto, e che se avevamo bisogno di vederlo, nel giro di 24 ore il tempo l’avrebbe trovato…la sua capacità di lavoro era impressionante, come la sua sensibilità. Veniva alla Vila in autobus, non ci sono molti mezzi che arrivano in Villa, e la piazza della cattedrale dista da noi più di 5 km: la gente lo riconosceva, si accalcava intorno a lui, gli faceva festa e lui scendeva e camminava per le stradine salutando tutti. Nessuna autorità politica ha mai fatto così, nessuno viene in mezzo a noi senza almeno la scorta.”
6 Settembre 2015