Lunedì-sabato: 8.30, 12, 14.55, 18.30 e 20.30. Domenica: 18.30 e 20.30

Il luogo: l’evoluta Svezia, Borlänge, a nord-ovest di Stoccolma. L’anno: il 2016. Lo scenario: una donna che affronta 300 neonazisti svedesi scesi in piazza, in uniforme nella loro marcia del Primo maggio. E contro gli immigrati. Ma mentre loro sfilano, la donna li affronta con un gesto, semplice: il pugno chiuso e alzato, che richiama alla mente un altro e importantissimo gesto compiuto nel 1968 durante le olimpiadi di città del messico.
Allora durante la premiazione dei duecento metri, gli statunitensi Smith e Carlos diedero vita alla più eclatante protesta della storia dei Giochi olimpici. Contro il razzismo. Un guanto nero sul pugno chiuso e alzato per protesta nei confronti di una nazione che si dichiarava libera e democratica ma che ancora sopportava gravi atti di razzismo nei confronti dei neri.
E poi la testa china di fronte alla bandiera, come a dire, come ci si può guardare in faccia, quando i diritti più elementari che stanno dentro quelle stelle e strisce vengono negati?
Ebbene oggi come allora, ma dalla Scandinavia, una donna scende arrabbiata in strada perché vede quei fantasmi di un passato feroce riaffiorare e li affronta, da sola. Anche perché, corsi e ricorsi storici, i Democratici svedesi, vale a dire il partito anti-immigrati per eccellenza, mantengono il 20 per cento delle preferenze di voto. Oggi a Stoccolma, ieri a Città del Messico, l’altro ieri a Norimberga nel 1935 con le persecuzioni razziali dei nazisti.

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5 Maggio 2016

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