“Giovannino nei Lager. Guareschi prima di don Camillo”, con Intervista al figlio Alberto
“Giovannino nei Lager. Guareschi prima di don Camillo” è il titolo del documentario di Tv2000, realizzato dal giornalista Pierluigi Vito, dedicato al grande scrittore cattolico in onda sull’emittente della Cei venerdì 1 marzo alle ore 23.10. Una lunga intervista al figlio Alberto Guareschi per ripercorrere l’esperienza vissuta dal padre da internato militare italiano nei Lager nazisti e i libri che ne scaturirono per raccontare quella stagione. Il documentario va in onda dopo il film ‘ Il compagno don Camillo’, tratto dai racconti di Giovanni Guareschi e ultimo film del ciclo trasmesso su Tv2000 con protagonisti don Camillo e Peppone interpretati da Fernandel e Gino Cervi.
Giovannino Guareschi, nato nel 1908 in provincia di Parma, è stato un vero figlio della Bassa, di radici contadine. Iniziata la carriera da giornalista, divenne famoso con vignette articoli sul settimanale umoristico “Bertoldo”. Ufficiale dell’esercito nella II Guerra Mondiale, all’indomani dell’8 settembre fu imprigionato dai tedeschi come Internato Militare Italiano.
“Quello fu il periodo più importante della sua vita – ricorda Alberto a Tv2000 – perché nel Lager ha scoperto se stesso. Ha scoperto di avere la capacità di farsi carico dei problemi altrui, grazie al dono dell’umorismo. Inventava favole e le leggeva nelle baracche per tenere aggrappati alla vita i compagni, per portarli a casa con la fantasia, e recuperare le forze per tirare avanti”. Il motto di Guareschi parlava chiaro: “Non muoio neanche se mi ammazzano”.
Quei mesi in campo di concentramento furono anche un dialogo continuo con la divina provvidenza, in attesa di notizie da casa, di un pacco di generi di conforto per lenire la fame, il freddo e la nostalgia.
Dal Lager Guareschi riportò tutto il materiale scritto e disegnato. Ad esempio la “Favola di Natale” che reca in ultima pagina il timbro della Gestapo “Gepruft!”, che significa ‘approvato’, ma non capito dai traduttori tedeschi che lasciarono passare tante trovate satiriche contro i carcerieri di Guareschi. Nella ‘Favola di Natale’ c’è anche Alberto, il bimbo che va alla ricerca del babbo prigioniero senza riuscire a raggiungerlo, perché sarà il padre a uscire dal Lager convinto che i bambini in un posto del genere non devono entrarci nemmeno nel sogno.
Il Diario seminato in tanti taccuini Guareschi lo batté a macchina per pubblicarlo, ma aveva paura di farlo uscire per non inasprire le divisioni politiche del dopoguerra. Allora lo bruciò per far spazio solo a quello che nel lager era stato approvato e letto da tutti i compagni di prigionia. Ne venne fuori un affresco carico di dolore e di speranza: la speranza di una pace possibile, di un ritorno agli affetti, con la voglia di “aggrapparsi alla realtà coi nostri sogni, per non dimenticarci d’esser vivi”.
Negli anni ’50, Guareschi conobbe anche il carcere a Parma dopo un processo per diffamazione; entrò in crisi, aveva bisogno di trovare il Giovannino vestito di aria e di sole che aveva perso in prigionia. Per questo decise di ritornare sui suoi passi, in un lungo viaggio in macchina accompagnato dal figlio Alberto per vedere la “Signorina Germania” con occhi nuovi. E rincontrare il Giovannino di un tempo per recuperare la voglia di scrivere. I suoi articoli e i suoi racconti, quelli che han sempre la morale nella coda. Come dimostrano Peppone e don Camillo, sempre su due sponde contrapposte, ma in cerca di un punto di incontro sul piano umano: fare il bene del prossimo, perché l’uomo, per Guareschi, era al centro di ogni cosa.
28 Febbraio 2019